Lezione di Treccani ai buonisti: "Negro? È un dovere scriverlo"

Su Twitter c'era chi chiedeva alla Treccani di rimuovere dal suo vocabolario l'espressione "lavorare come un negro". La replica della iù famosa enciclopedia italiana è uno schiaffo al politicamente corretto e alla cancel culture

Lezione di Treccani ai buonisti: "Negro? È un dovere scriverlo"

Togliete quell'espressione dal vocabolario. Una giornalista della Reuters ha provato a bacchettare l'enciclopedia Treccani "colpevole" - a suo dire - di riportare nel suo vocabolario un'espressione dal tono razzista come "lavorare come un negro", chiedendo su Twitter alla stessa enciclopedia di rimuovere l'espressione. La risposta della Treccani, come riporta La Verità, è da manuale, un colpo a segno contro la neolingua politicamente corretta e la cancel culture: "In un dizionario - chiarisce la Treccani -non è soltanto normale ma è doveroso che sia registrato il lessico della lingua italiana nelle sue varietà e nei suoi ambiti d'uso: dall'alto al basso, dal formale all'informale, dal letterario al parlato, dal sostenuto al familiare e anche al volgare". Il dizionario, prosegue la Treccani, "registra quanto viene effettivamente adoperato da parlanti e scriventi. Non siamo in uno Stato etico in cui una neolingua "ripulita" rispecchi il "dover essere" virtuoso di tutti i sudditi. Il dizionario ha il compito di registrare e dare indicazioni utili per capire chiaramente in quali contesti la parola o l'espressione viene usata. Starà al parlante decidere se usare o non usare una certa parola; se esprimersi in modo civile o incivile".

Peraltro, la Treccani segnala correttamente nel celebre vocabolario che l'uso attuale della parola "negro" "è avvertito o usato con valore dispregiativo" sicché in ogni accezione riferibile alle popolazioni di colore e alle loro culture si preferisce l’aggettivo e sostantivo "nero". La stessa Treccani ricorda come nella nostra cultura la parola "negro" - non per forza di cose riferita all'etnia - sia stata ampiamente usata: In Mongibello a la focina negra (Dante); Vedova, sconsolata, in vesta negra (Petrarca); Sotto due negri e sottilissimi archi Son duo negri occhi (Ariosto); sogni et penser’ negri Mi dànno assalto (Petrarca); s’asside Su l’alte prue la negra cura (Leopardi). Che facciamo, rivediamo questi testi e cambiamo le parole di questi classici per ottemperare le richieste del politicamente corretto? Come ha spiegato la Treccani, fortunatamente non viviamo in uno Stato etico dove vige una neolingua corretta ripulita dai termini che non ci piacciono. Perché un dizionario deve riportare tutto. Poi, appunto, sta alle persone usare le parole con intelligenza, in maniera civile o meno. Chi decide di seguire la strada dell'inciviltà, ne pagherà - come è giusto che sia - le conseguenze. Ma cancellare le parole dal dizionario per apparire più tolleranti non ci renderà migliori, in nessun modo.

La cancel culture vuole invece cancellare la storia, sposando una sorta di fondamentalismo estetico dove tutto viene "ripulito" e annacquato secondo i dettami dell'ideologia politicamente corretta. Tutti i termini, le espressioni, i simboli - basti pensare alle statue negli Stati Uniti - che possono potenzialmente offendere le minoranze - a cui si rifà la sinistra liberal, dopo aver abbandonato i lavoratori - devono essere rimossi. Come nei peggiori romanzi distopici.

Citiamo un passaggio chiave del capolavoro di George Orwell, 1984: "Ogni disco è stato distrutto o falsificato, ogni libro è stato riscritto, ogni immagine è stata ridipinta, ogni statua e ogni edificio è stato rinominato, ogni data è stata modificata. E il processo continua giorno per giorno e minuto per minuto. La storia si è fermata. Nulla esiste tranne il presente senza fine in cui il Partito ha sempre ragione".

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