Tsunami su Credit Suisse: perché il colosso elvetico trema

Credit Suisse travolta da scandali e crisi è in una fase delicata. Ma è prematuro parlare di una Lehmann Brothers europea.

Tsunami su Credit Suisse: perché il colosso elvetico trema

Cento miliardi di franchi, ovvero oltre ottanta miliardi di euro: a tanto ammonterebbe la ricchezza torbida che Credit Suisse avrebbe a lungo celato nei suoi conti per decenni, riconducibile a personalità discutibili, come evasori fiscali e autori di reati finanziari, o a veri e propri criminali (narcotrafficanti, omicidi, torturatori, malavitosi). Lo ha reso noto un'inchiesta del consorzio giornalistico guidato dal tedesco Suddeutsche Zeitung e dalla Organized Crime and Corruption Reporting Project (Occrp) nel quadro di un’investigazione che ha coinvolto 160 giornalisti e testate come l'italiana La Stampa.

"Tra i clienti", nota Il Fatto Quotidiano figurano un trafficante di esseri umani nelle Filippine, un boss della Borsa di Hong Kong incarcerato per corruzione, un miliardario che ha ordinato l’omicidio della sua fidanzata pop star libanese e dirigenti che hanno saccheggiato la compagnia petrolifera statale venezuelana, nonché politici corrotti dall’Egitto all’Ucraina". Dall'ex capo dei servizi segreti del Cairo al figlio dell'ex dittatore Mubarak, sono almeno 30mila le persone svelatate da una gola profonda che, mosso da scrupoli morali, avrebbe fornito gli elenchi al consorzio, colpendo duramente la credibilità del secondo gruppo bancario svizzero, storicamente tra le istituzioni finanziarie ritenute più credibili e affidabili al mondo. 700 di queste persone sarebbero italiane.

La batosta colpisce mediaticamente un istituto già decisamente in crisi sul piano operativo e che nel gennaio scorso ha rivelato risultati in totale controtendenza con quelli della rivale storica Ubs: il presidente Alberto Horta-Osorio si è dimesso sulla scia di una comunicazione preventiva che faceva presagire oltre 1,5 miliardi di euro di perdite nell'esercizio 2021.

Non si è trattata dell'ultima uscita di scena eclatante: ad aprile erano stati silurati dal gruppo il ceo dell’investment banking Brian Chin e la chief risk officer Lara Warner, figure chiave della banca che gestisce circa 900 miliardi di euro in asset, dopo il fallimento dell'investimento nel fondo Archegos negli Usa e Greensill Capital tra Australia e Gran Bretagna. In precedenza, nel 2020 la banca era stata presa in contropiede dal default di due suoi partner travolti da truffe e malversazioni: ci stiamo riferendo alla catena cinese rivale di Starbucks, Luckin Coffee, e alla controversa piattaforma tedesca dei pagamenti Wirecard.

Non c'è pace per la banca elvetica nata nel 1856. I risultati negativi e lo scandalo rivelato nei giorni scorsi, secondo Il Foglio, possono creare le premesse per un tracollo del gruppo, definita "Lehmann Brothers europea". Negli ultimi anni Credit Suisse ha visto la tenuta reputazionale e materiale messa alla prova da una serie di scandali e vicende torbide che hanno creato la condizione perché l'istituto venisse messo nel mirino. Tanto da lasciare sul terreno il 3% del suo valore nella sola giornata del 22 febbraio dopo aver già perso il 22% nel 2021.

Nell’ottobre 2019 scoppiò una "spy story bancaria" riguardante il Chief operating officer di Credit Suisse, Pierre Olivier Bouee. Questi fu costretto alle dimissioni dopo aver dovuto ammettere di aver fatto pedinare il superbanchiere Iqbal Khan, ex numero uno del ramo di gestione patrimoniale del gruppo di Zurigo passato alla rivale Ubs dopo che nei mesi precedenti erano venuti a galla fortissimi dissidi con l’ex ceo di Credit Suisse, il franco-ivoriano Tidjane Thiam.

Il Foglio nota che "c'è una stretta relazione tra bilanci in perdita e clienti discutibili, anche più grave delle operazioni spericolate sui mutui che condussero al crac Lehman e al contagio della finanza mondiale" e sottolinea che "le perdite sono dovute in gran parte a crediti concessi in Africa e Asia, collegati a scommesse politiche sbagliate". Riteniamo di dover però almeno in parte prendere la distanza da paragoni tanto complessi e articolati. La finanza e le crisi sono il campo di applicazione più chiaro per il metodo comparativo, e anzi Charles Kindleberger ci insegna che spesso è il rifiuto di tale metodo e del confronto tra lezioni della storia e presente a portare gli operatori al disastro, ma al contempo è bene distinguere i contesti. Lehmann esplose quasi come un fulmine a ciel sereno.

In Credit Suisse si sommano gestioni operative errate (che non si possono prevedere), scandali di terze parti non adeguatamente previsti, azioni autonome di singoli manager (spy story) e inchieste giornalistiche. Un complesso di problematiche che per ora ci impedisce di dare un giudizio definitivo sulla vicenda. Quel che è incontrovertibile è il fatto che la banca più antica di Svizzera versa in un gravissimo stato di crisi e che la sfida per il suo futuro sarà riguadagnare credibilità. Non si può parlare con leggerezza del rischio di un default di una banca come Credit Suisse il cui tracollo, è bene ricordarlo, farebbe precipitare il mondo in una crisi senza precedenti.

Da inchieste mediatiche e giudizi operativi bisogna trarre la lezione di aspettare le mosse della banca in esame: palla nel campo di Credit Suisse, che dovrà saper mostrare trasparenza e, soprattutto, continuità operativa per avere un futuro.

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