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Un tuffo nel cuore (forte) di Beirut

Chiara Clausi nel suo "Beirut Au Revoir" non si limita a descrivere le contraddizioni della capitale libanese, ma permette al lettore di viverle tramite una vera e propria immersione nel ventre più profondo di uno dei luoghi più iconici del Medioriente

Un tuffo nel cuore (forte) di Beirut

A volte i viaggi hanno la funzione non solo e non tanto di far scoprire altri posti, ma anche quella di svelare a noi stessi luoghi remoti e inesplorati del nostro animo. Intraprendere un viaggio vuol dire gettarsi nel calderone di un'esperienza a volte capace di cambiare la vita e i connotati stessi dell'esistenza. Un po' per scelta, un po' per destino. Quando poi il viaggio ha per destinazione Beirut, i sussulti dentro il proprio animo sono destinati a far crollare ogni singola certezza.

Le contraddizioni di Beirut

Chiara Clausi ha ben espresso tutte queste emozioni all'interno del libro “Beirut Au Revoir”, edito da Paesi Edizioni. Lei quel cambiamento l'ha voluto e cercato. Nelle prime pagine già si evince come quella di “abbandonarsi” tra le braccia del Libano sia stata una scelta ben precisa e, al tempo stesso, quasi cercata.

“Erano mesi che l’Italia mi andava stretta – ha scritto Chiara Clausi quasi a “giustificare” il perché del suo viaggio – Lì sembra che nulla potrà cambiare, tutto è stantio, vecchio, immobile. Decido di andarmene per mettermi alla prova, per testare la mia capacità di adattamento e tuffarmi in sfide spericolate. Al limite dell’incoscienza”.

Beirut, il cuore delle contraddizioni del Mediterraneo e del medio oriente, non poteva non essere il posto perfetto per un viaggio lontano dal torpore e da quella sensazione di staticità troppo spesso rimandata dall'Italia ai suoi stessi figli. Chiara Clausi ha visitato ma, prima di tutto, ha vissuto una Beirut giunta a un punto cruciale della sua secolare storia.

La capitale libanese è in fermento. Come sempre del resto. Ma oggi il fermento ha varie sfaccettature, tutte ben descritte nelle pagine Di Beirut Au Revoir. C'è una città alle prese con le tante crisi che stanno accompagnando negli ultimi anni il Libano. Quella finanziaria, che ha portato al collasso di un sistema bancario da sempre fiore all'occhiello del Paese, quella economica, che ha portato i due terzi delle famiglie sulla soglia della povertà, e poi c'è quella causata dall'esplosione del porto del 4 agosto 2020. Una tragedia che ha portato via più di duecento vite e che ha distrutto una delle poche infrastrutture in grado di garantire rifornimenti a un Libano sempre più affamato di risorse primarie.

Ma Beirut è anche una città di speranza. Piena di giovani, di voglia di cambiamento, di tante sfaccettature, dove la confluenza delle varie comunità religiose può si creare tensioni, ma può essere vista come composizione di un tanto complesso quanto meraviglioso mosaico.“Andando in Libano – ha dichiarato Chiara Clausi ai nostri microfoni – occorre fare lo sforzo di mettersi nei panni di un altro popolo, assumere un'altra prospettiva. Questo mi è stato molto utile”.

Quella speranza che arriva da Beirut

“I libanesi ho notato che sono molto più resilienti di noi italiani – ha continuato l'autrice del libro – hanno una grande capacità di adattamento a tutte le situazioni più difficili”. Il Paese quindi, pur se in ginocchio, continua a essere quell'enclave di vitalità e dinamismo capace di catturare lo sguardo di chi lo visita e di chi lo vive nella quotidianità.

“La vita quotidiana a Beirut – ha dichiarato Chiara Clausi – nonostante i pregiudizi che si possono avere, è molto tranquilla se si vuole. Certo, si è in un Paese dove c'è una grande fetta di popolazione di religione islamica e quindi bisogna stare attenti alla loro sensibilità quando ci si rapporta con loro. Questo però consente di dire che la prima cosa che si impara a Beirut è il rispetto. Un rispetto da portare verso chi ha una cultura diversa dalla nostra. Imparare l'arabo in tal senso potrebbe essere la prima mossa da fare, riuscirebbe a far entrare veramente nella testa dei libanesi”.

Nella capitale libanese, come nel resto del Paese, la vita va quindi avanti. La routine, che varia a seconda dell'appartenenza religiosa o a un preciso ceto sociale, compone le giornate dei libanesi. Anche nel buio in cui Beirut è piombata per via della mancanza di energia elettrica, razionata all'inverosimile per via della mancanza di carburante, e a cui Chiara Clausi ha dedicato l'ultimo capitolo del suo libro. Un buio che è forse emblema del Libano di oggi, all'interno della quale però non mancano, come nella migliore delle contraddizioni, delle luci di speranza.

“Ci sono molti giovani che proseguono anche con la loro vita notturna, che vogliono andare avanti – ha commentato l'autrice – ho seguito per IlGiornale le recenti elezioni, le quali hanno rappresentato uno smacco per molti partiti tradizionali e per molti storici deputati. Sono avanzati i candidati indipendenti, alcuni dei quali protagonisti delle proteste di piazza del 2019”.

Un vento nuovo quindi, capace di lambire le macerie di un Paese collassato ma anche di alimentare contraddizioni e speranze di una Beirut al buio, ma mai domata e spenta del tutto.

Beirut au revoir

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