Giocava a calcio, aveva una certa passione per la breakdance, frequentava una moschea, "Perdono di Dio", a Kairouan, dove era entrato in contatto con un gruppo di salafiti. Sarebbero stati loro a convincere Seifeddine Rezgui, 23 anni e un curriculum accademico da studente a un master in Ingegneria, a imbracciare un mitra e compiere una strage a Susa, sulla costa tunisina.
È questa la storia che oggi raccontano in molti, mentre il padre del ragazzo che ha aperto il fuoco sui bagnanti, uccidendone quasi quaranta prima di essere freddato, dice di vergognarsi del figlio e di non capire chi o cosa possa averlo portato a una radicalizzazione che lo ha trasformato in un'arma per l'Isis, che ha rivendicato questo attentato da "lupo solitario".
La Tunisia deve fare i conti con una nuova ferita, dopo quella inferta dall'attacco al museo del Bardo. Sta reagendo con una stretta su quelle moschee che considera troppo vicine all'estremismo e troppo poco moderate. Un'ottantina dovrebbero essere chiuse entro una settimana. Ma anche con misure di sicurezza ancora più importanti.
Il governo ha previsto il dispiegamento di mille agenti in più per garantire la protezione dei resort, mentre al confine i vicini di casa algerini - dicono media locali - hanno destinato 25mila agenti al controllo della frontiera, installando anche telecamere termiche in sessanta posti di controllo.
Si moltiplicano intanto i video del momento dell'aggressione. Prima i fotogrammi pubblicati da Sky News, che mostravano Rezgui in spiaggia, dopo avere aperto il fuoco sulle sue vittime, poi un secondo filmato che mostra la sua lunga corsa sulla spiaggia, in fuga dopo la carneficina.
E mentre continua l'identificazione dei cadaveri lasciati sulla spiaggia di Susa e nelle strutture prese di mira da Rezgui - si parla al momento di 16 cittadini britannici, una irlandese, un portoghese, un tedesco e un belga -, si continua a lavorare anche sugli attimi che hanno preceduto la strage. Se fino a ieri si parlava di un attentatore arrivato dal mare, sbarcato in spiaggia con l'arma celata in un ombrellone, prima di iniziare a sparare, oggi il ministro del Turismo tunisino, Selma Elloumi, non pare più così convinta.
"L’attentatore dell’Hotel Riu Imperial autore della strage di Sousse, non era solo e non è arrivato dal mare, bensì con un'utilitaria", ha detto la Elloumi. Non è dunque finita la caccia all'uomo. C'è da capire chi lo abbia aiutato e da mettere uno in fila all'altro gli elementi di una ricostruzione a cui manca evidentemente ancora qualcosa.
Alle parole della
Elloumi si è aggiunta durante il giorno una dichirazione del ministro dell'Interno, Najem Gharsalli, che senza entrare troppo nei dettagli ha spiegato che un gruppo di persone coinvolte nell'attacco sono state arrestate.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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