Turchia e Iran pronti a invadere via terra

In inglese si dice «boots on the ground», truppe sul campo. È l'opzione che Barack Obama - eletto anche con la promessa di portare a casa i soldati da Irak e Afghanistan - scarta da settimane con fermezza negli sforzi contro il cosiddetto Stato islamico.

A introdurre per primo la possibilità di un'operazione di terra - anche se limitata - è stato ieri un alleato degli Usa che finora non ha delineato con chiarezza il suo ruolo nella campagna in Medio Oriente, ma che per la sua posizione geografica, la natura del suo governo - guidato da un partito islamista moderato - e gli effetti del conflitto sulle sue frontiere, è protagonista degli eventi regionali. In un'intervista al quotidiano Hurriyet , il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha detto che le sue truppe di terra potrebbero essere usate in Siria per creare una zona cuscinetto, un rifugio per migliaia di persone in fuga, se ci fosse accordo internazionale.

Dall'inizio delle ostilità in Siria a oggi, oltre un milione e mezzo di persone ha trovato dimora nei campi profughi turchi. Soltanto negli ultimi giorni, circa 160mila curdi hanno attraversato il confine. I miliziani dell'Isis sono infatti a pochi chilometri dalla cittadina di Ayn Al Arab o Kobane.

Nella notte, gli aerei della coalizione a guida americana hanno bombardato postazioni nella zona e per la prima volta anche nella regione della Siria centrale di Homs, mentre dopo il voto di ieri al Parlamento di Londra, Tornado della Raf britannica hanno sorvolato l'Irak, pronti a bombardare. Gli alleati europei - Belgio, Gran Bretagna, Danimarca si sono aggiunti a Francia e Olanda - per ora non agiranno sulla Siria, dove invece operano i jet americani e di alcuni Paesi arabi. Per il presidente turco Erdogan, i raid aerei contro lo Stato islamico non basterebbero: «Non è possibile sconfiggere una tale organizzazione terroristica solo con i bombardamenti aerei. Le forze di terra sono complementari... È necessaria una visione globale. Non sono un soldato, ma le operazioni aeree sono logistiche. Senza forze di terra non sarebbe permanente», ha dichiarato ancora. Ha inoltre rivelato che sarebbero in corso negoziati con gli alleati internazionali per ritagliare il ruolo di Ankara. A lato dei lavori dell'Assemblea generale, Erdogan ha parlato al telefono con Obama e avuto un faccio a faccia con il suo vice, Joe Biden: «Non possiamo -ha detto- accettare le azioni dell'Isis, che non hanno nulla a che vedere con l'Islam, dobbiamo fare del nostro meglio come Paese musulmano».

Ankara non è il solo vicino in ansia.

Sul fronte iracheno, l'Iran guarda con preoccupazione agli sviluppi del conflitto e minaccia un intervento: «Se i terroristi si avvicinano alle nostre frontiere, attaccheremo in profondità sul territorio iracheno», ha detto il capo delle truppe di terra iraniane, il generale Ahmad Reza Pourdastan. La Guida suprema, ayatollah Ali Khamenei, ha di recente dichiarato d'aver rifiutato un invito americano a coordinare gli sforzi militari contro gli estremisti sunniti.

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