La montagna di paura che nessuno riesce a togliere

Il bellissimo borgo di Vernazza, perla delle Cinque Terre, simbolo mondiale di una cultura antica dove l’arte contadina si sposa con il mare, non sarà mai più lo stesso. Un mare di acqua e fango, sassi e detriti lo ha invaso e sfregiato.
Si contano i morti, o meglio i dispersi, a Vernazza. Si contano i danni e le case cancellate, luoghi in cui si viveva sicuri e si conservava tutta la propria storia, che sono solo mura vuote colmate di fango. Il mare non arriva più alla banchina, alla piazzetta tante volte fotografata, ora c’è una spiaggia triste di sassi che arriva solo alla scogliera. Poi ci sono le case del centro storico, sommerse, come se il primo piano oggi fosse diventato il pianoterra. C’è un brulicare di abitanti e soccorritori che ogni giorno, dalla mattina del 26, sta scavando per cercare di ripulire e salvare qualcosa, ma più che altro per mettere in sicurezza l’abitato in vista del peggioramento del meteo.
Ma ora Vernazza non è ancora raggiungibile via terra, ci si arriva solo via mare e anche con qualche difficoltà. Salendo verso quello che era il centro storico e la stazione è difficile riconoscere i luoghi. C’è gente che scava con le mani, ci sono persone che ti raccontano di quel pomeriggio maledetto cercando di sfogarsi, c’è chi teme che nei prossimi giorni un’altra frana che incombe sul borgo possa rendere vano il loro lavoro. Lo scenario è desolante, camminando tra i detriti si incontra un camino, sotto ci deve essere una casa.
I soccorritori stanno lavorando con molta attenzione all’interno di ciò che resta di un appartamento, è la casa di Giuseppina Carro, la pensionata ottantenne che assieme ad altri due abitanti ancora non si trova. Vernazza non la si può concepire come un paese, è più un grande condominio di case attaccate una all’altra, di gente che si conosce da sempre, di persone che portano gli stessi cognomi da generazioni e generazioni. «Qui siamo un po’ tutti parenti - spiega un ragazzo - ci conosciamo tutti e sappiamo cosa accade agli altri, quando un lutto colpisce uno di noi, colpisce tutta la nostra comunità».
Gli abitanti di Vernazza sono persone concrete, sono «genti» che hanno costruito quei muretti a secco, tipici delle Cinque Terre, portando i sassi a mano lungo quelle colline, il loro mondo è in tutto quel borgo che hanno difeso e tutelato come un antico castello. Oggi sono tutti lì, a scavare il fango, anche con le mani, perché non hanno intenzione di sfollare, di lasciare o di essere vinti.
«Non possiamo lasciare Vernazza - dice una donna - se ce ne andiamo non torneremo più, dobbiamo restare qui per salvare il nostro paese, per i nostri giovani che sono qui e che hanno scelto di vivere e lavorare nel borgo, questa è casa nostra ed ora ce la stiamo riprendendo».
Eppure il rischio di un aggravarsi dell’emergenza incombe tutto sul borgo, la situazione è ben lungi dall’essere risolta, non c’è modo di portare via la terra che invade le strade, i carruggi e la stazione, non c’è modo di liberare in tempi brevi la darsena. Oggi questo borgo è quello che sta pagando il conto più salato e non è ancora finita. Ma il ritorno del maltempo preoccupa tutte le zone colpite dell’alluvione. Al centro operativo allestito a Borghetto sono arrivati ottomila sacchi di sabbia da mettere lungo gli argini danneggiati del torrente Pogliacchina.

«Abbiamo paura della pioggia - ha detto il sindaco di Borghetto, Fabio Vincenzi -, sarebbe da pazzi non averne». Una notizia positiva: Bozzolo, una piccola frazione del comune di Brugnato, non è più isolata. Ieri la strada è stata liberata e sono tornati luce, acqua e gas.

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