«Pronto?Buonasera,sono l’asseritamente “boss” Corallo, tirato in ballo per le vicende dei Caraibi e la casa di Montecarlo. Ho letto su alcuni giornali che sarei latitante chissà dove.Bene.Volevo comunicarle che domani mi costituisco all’ Ansa, così tutti potranno essere informati sul mio effettivo stato di cittadino, libero, con passaporto, senza alcuna pendenza giudiziaria. Se non l’avesse capito glielo spiego meglio: non sono latitante, io».
L’esordio è tutto un programma. Gaetano Corallo, detto Tanino, 75 primavere, condannato a sette anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione nella vicenda dei casinò di Sanremo, sospettato di frequentazioni pericolose nel 1983 quando scappò a Miami per sfuggire a un retata sul clan Santapaola, è di nuovo sui giornali per le vicende del quartierino del Principato di Monaco. Perché, stando ai resoconti giornalistici e giudiziari, Corallo senior sarebbe il Grande Vecchio del gruppo Atlantis, specializzato nel racimolare miliardi con le slot machine , guidato dal figlio Francesco, che ha come «amministratore» James Walfenzao, il procuratore della Primtemps che l’11 luglio del 2008 acquistò l’appartamento da An e che indirettamente compare nelle varie società che controllano la Timara Ltd, a tutt’oggi proprietaria dell’immobile monegasco. Walfenzao, a cui il cognato del presidente della Camera domicilia le sue utenze personali, è anche la «fonte» del governo di Saint Lucia che indica proprio in Giancarlo Tulliani il vero proprietario della casa di Boulevard Princesse Charlotte. Il resto della storia, compreso il pranzo di Fini al suo ristorante, ce lo racconta lui, assistito dall’avvocato Giuseppe Lipera.
Signor Corallo, lei cosa sa di questa storia?
«Poco o niente».
Cominciamo male. Il gruppo Atlantis, diretto da suo figlio, a causa dell’amministratore Walfenzao, suo malgrado è finito col ricoprire un ruolo di primo piano nella vicenda che si snoda fra Roma, Montecarlo, Santo Domingo e Saint Lucia...
«Allora. Mio figlio, con il quale non parlo più per questioni familiari, è incensurato. Il sottoscritto ha pagato il suo debito con la giustizia, mi hanno arrestato a Miami, in Florida, estradizione respinta per mancanza di indizi, poi sei anni condonati, otto mesi di affidamento in prova a Roma, ho un certificato di carichi pendenti pulito, e quindi...».
Va bene. Le chiedevamo cosa sa di Montecarlo...
«So quel che leggo dai giornali, anzi dal vostro giornale. E cioè che la verità è quella che scrivete voi».
Scriviamo tante cose signor Corallo. A cosa, in particolare, si riferisce?
( ride ) «La prego, su. Come posso dire... Mi fa pena questo presidente della Camera, non vorrei infierire su uno che sta già così male».
Lei lo ha conosciuto?
«Io no, io».
Lo sa che c’è una fotografia che ritrae il presidente Fini, nel 2004, nel suo ristorante ai Caraibi, nell’isola di Saint Martin. Lo stesso Amedeo Laboccetta, deputato di An ora nel Pdl, ci ha confermato che nel suo ristorante, oltre all’attuale presidente della Camera, c’era anche Francesco Cosimi Proietti, detto Checchino, ex braccio destro di Fini ed oggi parlamentare di Futuro e libertà. Non neghi l’evidenza.
(lungo sospiro) «Non è il mio ristorante, ma è il ristorante di mio figlio. Conosco Laboccetta perché conosco la famiglia, la moglie, la madre della moglie quando ancora erano fidanzati».
Almeno l’onnipresente Walfenzao lo conosce?
«Lo conosco, certo, è una persona per bene. Un professionista serio. Era direttore di una banca a Saint Martin - dove vive mio figlio e dove Laboccetta va in vacanza - , poi si è dimesso e l’ho rivisto solo recentemente a Miami, dove lui s’è fatto un ufficio per gestire queste società off- shore».
E non sa che l’uomo cardine dell’intrigo monegasco è anche l’amministratore e consulente nella vostra Atlantis World che grazie ad An avrebbe ottenuto benefici in Italia per delle concessioni, come rivela l’inchiesta di Potenza sui Monopòli, dove proprio Checchino Proietti finisce intercettato?
«Dovreste chiedere a mio figlio perché io ne so poco delle vicende dei monopoli. Non so cosa sia successo su Montecarlo, potrebbe essere che hanno usato lo stesso studio di James Walfenzao che poi ha aperto una succursale pure nel Principato dove è scoppiato tutto questo scandalo».
E dove Tulliani, al suo amico Walfenzao, gira pure la posta...
«Appunto».
E lei è pronto a giurare che lo zampino di suo figlio non spunti...
«Guardi, sinceramente... Io non credo. Non vedo che interesse potrebbe avere mio figlio, che è un imprenditore affermato, a fare un’operazione del genere».
Magari per fare un favore a qualche amico o ad un amico di un amico...
«Ma non è che può fare il mediatore lui».
Lui no, ma Walfenzao sì...
«Può essere, ma io non lo so. Leggendo tutto quello che scrivete, i documenti che pubblicate, le società e i nomi che si rincorrono, verrebbe da pensare come la pensate voi. Io, però, non credo».
E cosa crede?
«Credo che non serve a niente fantasticare su cose indimostrabili. È la sostanza quella che conta».
E qual è per lei questa benedetta «sostanza» signor Corallo?
«Anche i bambini hanno capito com’è andata questa storia, di chi è la casa, chi la occupa. La off-shore serve a nascondere il reale compratore, non si scappa. Chi ha il pacchetto delle azioni al momento è il proprietario ma non è detto che non si possa risalire al primo proprietario, quello della cessione della casa da An alla società. Una traccia resta sempre, non è che un fantasma bussa, che so, va da Walfenzao e costituisce una società. Ci dev’essere qualcuno che fisicamente si presenta, nome e cognome».
Ed è rintracciabile questa traccia?
«Penso proprio di sì».
Ps: Ieri, in tarda serata, dopo aver riletto l’intervista (ovviamente registrata) all’avvocato di Corallo e averne ottenuto il via libera alla stampa, siamo stati raggiunti da una telefonata dello stesso Corallo che
minacciava querela qualora avessimo proceduto alla pubblicazione. Se l’intervista è in pagina è per il doveroso rispetto al nostro lavoro e al dovere di informare i lettori di fatti comunque di interesse pubblico.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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