Montecarlo - Nell’affaire della casa di Montecarlo c’è questa storia della cucina che proprio non quadra. E non per testardaggine del Giornale bensì perché, di tanto in tanto, c’è qualche protagonista dello scandalo che la ritira fuori. L’ultimo della serie è il costruttore Luciano Garzelli (a cui l’ambasciatore italiano Mistretta si rivolse per ristrutturare l’appartamento abitato da Giancarlo Tulliani) che ha riferito al Giornale di aver avuto contatti con il cognato di Fini e con Elisabetta, e che i materiali per restaurare la casa non vennero presi nel Principato ma «li hanno portati loro». E loro, i Tulliani, a detta di Garzelli, «hanno portato» dall’Italia anche la «cucina, le maioliche, i rubinetti» e quant’altro.
Se la cucina in questione sia la stessa cucina di cui il Giornale parlò a Ferragosto non è dato sapere. Però è bene ragionarci su, sia per i nuovi dettagli raccolti dal Giornale, sia per verificare se abbia un fondamento la plateale smentita fatta all’epoca non da Fini ma dal finiano Benedetto Della Vedova oltreché da imprecisati «ambienti» vicini al presidente della Camera.
Un passo indietro. A metà agosto questo quotidiano riporta le dichiarazioni di due dipendenti del mobilificio romano Castellucci, relative ad acquisti di moduli d’arredamento e di una cucina per una casa all’estero, precisamente a Montecarlo, da parte di Elisabetta Tulliani, accompagnata in almeno una o due occasioni da Gianfranco Fini. Seguendo soprattutto il racconto di uno dei due impiegati, Davide Russo, gli acquisti sarebbero stati fatti nel 2009, quando la vendita dell’immobile da An alla società off-shore Printemps Ltd era già avvenuta e i lavori di ristrutturazione nel Principato erano prossimi a iniziare. Russo in sostanza riferisce che i Tulliani sono clienti di vecchia data dell’azienda, almeno da quando Ely si faceva accompagnare nel mobilificio dall’ex fidanzato Luciano Gaucci. Secondo il dipendente fra aprile e maggio le visite della compagna di Fini si fanno più frequenti. Ultimati i preventivi, scelti i materiali, a suo dire l’azienda si attiva per cercare uno spedizioniere «disposto a curare un trasporto, delicato e riservato, a Montecarlo. Questo perché c’era da portare su non solo i mobili da comprare ma anche maioliche e altro (...). Di una paillets di maioliche me ne occupai io personalmente», sottolinea. (E di «maioliche» oltreché di una «cucina e altro», come detto, parla anche il costruttore Garzelli). A sentire i due dipendenti «in azienda non era un segreto di Stato, si faceva riferimento apertamente di una casa di Tulliani a Montecarlo». Il 14 agosto il Giornale produce copia dei carteggi riservati fra l’azienda Scavolini e il mobilificio Castellucci inerenti l’acquisto di una cucina marca Scenery a nome «Tulliani 04». Il dipendente Russo precisa d’aver visto Fini e la compagna in azienda mentre seguivano preventivi e progetti per un appartamento non italiano. «E dopo il passaggio alla fase progettuale – aggiunge - con gli arredatori per cucina e altri ambienti, quella localizzazione fu confermata dall’esigenza di cercare uno spedizioniere di fiducia». Esterno, non del mobilificio dunque.
L’azienda Castellucci, contattata dal Giornale per una versione ufficiale, si produce in una giustificazione preventiva non richiesta: «L’azienda non ha fatto consegne o spedizioni per conto di Fini a Montecarlo». Niente spedizioni vuol dire che invece Fini o la sua compagna hanno fatto comunque acquisti da voi? «Ci dispiace, nulla da dire». Pressato dai giornalisti, l’indomani il mobilificio Castellucci rilascia alle agenzie di stampa un’apparente smentita che in realtà smentisce poco perché non fa alcun cenno all’acquisto di mobili/cucina bensì solo al «trasporto o al montaggio di mobili», che come rivelato da Russo sarebbe stato effettuato da uno spedizioniere esterno. «La società Castellucci Maria Teresa, con esercizio in Roma via Aurelia Km 13,400, in relazione alle notizie di stampa apparse su alcuni quotidiani precisa di non aver mai effettuato trasporto o montaggio di mobili acquistati presso il proprio esercizio da Roma a Montecarlo, nell’interesse di Elisabetta Tulliani o suoi familiari o dell’onorevole Fini”. La smentita che non smentisce diventa, per l’entourage di Fini, una smentita clamorosa al Giornale. Alle agenzie di stampa Benedetto Della Vedova, vicepresidente di Futuro e libertà alla Camera, fa presente che «la cucina non sta a Montecarlo ma a diverse centinaia di chilometri di distanza. Fisicamente, nella casa di Montecarlo nemmeno ci entrerebbe». Troppo grande per una casa troppo piccola. Sarà così? Abbiamo chiesto lumi a Rino Terrana, proprietario della società Tecabat di Mentone, in Francia, che svolse la ristrutturazione nell’appartamento abitato da Giancarlo Tullia (società dove ha lavorato Stefano Garzelli, figlio di Luciano, che al Giornale ha riferito d’aver visto l’affittuario Tulliani che controllava e dirigeva direttamente i lavori di restauro). «L’appartamento è costituito da un ingresso, un bagno appena entri, di seguito la camera da letto, poi in fondo a sinistra la cucina, c’è il tinello e un’altra stanza, il soggiorno. Sessanta metri più terrazzo. La parete della cucina dove noi abbiamo predisposto gli ”attacchi” – ci dice - è lunga all’incirca quattro metri».
La stessa identica misura della cucina Scenery che l’azienda Scavolini, interpellata dal Giornale, ci conferma esser stata girata al mobilificio Castellucci sotto la sigla «Tulliani 04». Guardando con attenzione il «disegno assonometrico della composizione» spedito da Scavolini a Castellucci, e poi pubblicato dal Giornale, la cucina è composta da sei moduli base terra (quattro da 60 cm, uno da 50, uno da 90) per un totale di 380 centimetri. Se si confronta il disegno con la piantina provvisoria dell’appartamento di Montecarlo (che pubblichiamo in questa pagina) si scoprirà che la parete dedicata alla cucina è effettivamente di quasi quattro metri, per l’esattezza 385 centimetri, cinque in più della cucina Scavolini. Dunque c’entra perfettamente, checché ne dica il finiano Della Vedova. E non è tutto. Sull’arrivo dei materiali dall’Italia il titolare della Tecabat offre un riscontro diretto a quanto riferito dal dipendente Russo e dal costruttore Garzelli: «Noi sappiamo solo delle piastrelle che sono venute da fuori, dall’Italia per quanto ne sappiamo, nonché di altre cose per il bagno eccetera». Quanto ai mobili o alla cucina «non so che dirle perché noi abbiamo fatto il nostro e poi non ne abbiamo saputo più niente. Non siamo montatori specializzati, probabilmente li avranno fatti venire dall’Italia, perché noi quando abbiamo terminato i lavori di muratura, pulitura, messa a norma degli impianti eccetera, abbiamo consegnato le chiavi e non siamo più entrati».
Il cortesissimo Terrana risolve involontariamente un altro mistero: quello del pagamento della ristrutturazione che non si sapeva a chi fosse stato fatturato, se a Tulliani che presenziava fisicamente ai lavori oppure alla società off shore proprietaria dell’immobile dove abita Giancarlo Tulliani. «Allora. La mia Tecabat ha fatturato all’incirca centomila euro di lavori a Timara Ltd ma faccio presente che noi non sapevamo niente, e non sappiamo, rispetto a chi c’è dietro questa società. Ha fatto da tramite un architetto. E comunque è tutto in regola, i dettagli li conosce il contabile, non ho alcun problema, eventualmente, a riferire al magistrato gli estremi del versamento in banca».
Tutti disponibili a chiarire, un po’ meno Fini. Che a proposito della cucina fantasma alla fine ha detto, anzi ha fatto dire al suo entourage, che sì, quella cucina Scavolini è stata effettivamente comprata al mobilificio Castellucci «ma naturalmente non è a Montecarlo». E dovè finita? Sarebbe «a centinaia di chilometri dal Principato insieme a pensili e credenze» (copyright Della Vedova), se non addirittura «a Roma» nell’appartamento che condivide con Elisabetta (Corriere della Sera del 15 agosto).
Se la cucina arrivata dall’Italia per la casa di Montecarlo di cui parla Garzelli non è quella di cui parla il dipendente del mobilificio (e che per puro caso entra al centimetro nella parete dell’immobile monegasco abitato da Tulliani jr) dove diavolo è stata acquistata la cucina di rue Princesse Charlotte? In Italia? A Montecarlo? Si può sapere? E i materiali vari, comprese le piastrelle di cui parla il dipendente del mobilificio Castellucci, sono o non sono «i materiali e le piastrelle/maioliche arrivati dall’Italia» di cui parlano anche l’imprenditore Garzelli e il titolare della Tecabat, Rino Terrana? Se anziché far parlare fonti vicine alla presidenza della Camera, l’inquilino di Montecitorio prendesse lui la parola e spiegasse, carte alla mano, come è stato arredato l’appartamento donato al partito da una sua simpatizzante e oggi abitato dal suo giovane cognato, almeno sul versante «cucina, mobili e materiali vari» potremmo iniziare e metterci una pietra sopra.gianmarco.chiocci@ilgiornale.it
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