Montecarlo, il notaio sente puzza di bruciato

Paul-Lous Aureglia stipulò il rogito dell'immobile svenduto da An e dato in affitto a Tulliani: "E' stata fatta una stronz...". E sul mancato diritto di prelazione: "C'è stata una truffa in questa storia". Da oggi a Roma gli interrogatori sull'affaire Montecarlo: Pontone davanti ai pm

Montecarlo, il notaio sente puzza di bruciato

Ho trascorso un paio d’ore con Paul-Louis Aureglia, in questo momento il suddito più blindato del Principato di Monaco. È il notaio nel cui studio, al nu­mero 4 di boulevard des Moulins, l’11 luglio e il 15 ottobre 2008 avvennero i due passaggi di proprietà dell’apparta­mento di boulevard Princesse Charlotte 14 lasciato in eredità da Anna Maria Col­leoni, la contessa nostalgica del fasci­smo che nel testamento aveva nomina­to erede universale dei beni mobili e im­mobili «il partito Alleanza nazionale nel­la persona del suo attuale presidente onorevole Gianfranco Fini come contri­buto per la buona battaglia». Il notaio Aureglia è tenuto al segreto professionale. Non può e non vuole né farsi intervistare né rilasciare dichiara­zioni sull’intricata vicenda. Tuttavia nel corso del nostro incontro informale ha pronunciato un icastico giudizio circa il fatto che l’abitazione rogitata nel suo stu­dio sia attualmente affittata a Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, compa­gna di Fini: «È stata fatta una stronzata». E s’è anche lasciato andare a un’afferma­zione che mi sento in obbligo di riferire: «C’è stata una - comme on dit? - truffa in questa storia». Forse non era il termine più appropria­to che voleva dire. Ma rende l’idea.

L’incontro con Aureglia, a conoscenza della mia profes­sione, è avvenuto domenica sera fra le 21 e le 23, alla pre­senza di otto testimoni, in una villa fra Romagnano e Az­zago, frazioni del Comune di Grezzana (Verona), dove il professionista monegasco ha poi trascorso la notte con la moglie. Considerato che ero stato invitato in una casa privata, per riservatezza non dovrei darne conto. Però la Carta dei doveri del giornali­sta sancisce che il cronista «ri­cerca e diffonde ogni notizia o informazione che ritenga di pubblico interesse» e che «la responsabilità del giorna­lista verso i cittadini prevale sempre nei confronti di qual­siasi altra». Per cui derogo al­le regole del bon ton privato e mi attengo alla priorità del­l’interesse pubblico.

Il dottor Aureglia non è un professionista qualsiasi. Su designazione del Consiglio della Corona,fa parte dell’Al­to Consiglio della Magistratu­ra presieduto dal ministro della Giustizia, Philippe Nar­mino. È una persona dai mo­di molto gioviali, di bassa sta­tura, lo sguardo guizzante, una mimica facciale che ri­corda quella dell’attore Louis de Funès e una vaga so­miglianza col generale Ro­berto Speciale, ex comandan­te della Guardia di finanza. Nato nel 1941, è sposato con una milanese di padre trenti­no e di madre friulana. Ha fat­to il notaio per 40 anni. Nel 2008, praticamente subito dopo aver registrato il primo passaggio di proprietà del­l’immobile ereditato da An, s’è ritirato e ha lasciato le redi­ni dello studio alla figlia, Na­thalie Aureglia Caruso.

Il pubblico ufficiale finito involontariamente al centro del caso Fini è figlio di Louis Aureglia (1892-1965), insi­gne giurista studioso di dirit­to costituzionale, che fu sin­daco di Monaco dal 1933 al 1944, presidente del Consi­glio nazionale, membro del Consiglio della Corona e pre­sid­ente dell’Union démocra­tique nationale. Il Principato ha intitolato alla memoria del padre una strada che, iro­nia della sorte, dista 250 me­tri dalla casa dove abita Gian­carlo Tulliani. La nonna pa­terna proveniva dalla Valle di Blenio, precisamente da Aquila, minuscola località in Comune di Dangio, dove il notaio ha una casa di vacan­za, 70 chilometri a nord di Lu­gano. «Oggi sembra impossi­bile, ma agli inizi del Nove­cento nel Canton Ticino si moriva di fame», racconta Aureglia. «Mia nonna emi­grò giovanissima, con altri parenti, per andare a lavora­re negli alberghi in Francia. Di cognome faceva Cima. Un giorno è venuta da me con due bottiglie di grappa una si­gnora Cima, legata a una di­stilleria veneta, reduce da in­­fruttuose ricerche in quella sperduta vallata, dove s’era spinta sulle tracce dei propri antenati».

Per i suoi natali, per i suoi incarichi nell’ordinamento giudiziario e anche per i 37 anni passati al vertice della Federazione monegasca del­la scherma, della quale è oggi presidente onorario, Paul-Louis Aureglia vanta una lun­ga consuetudine con Casa Grimaldi e ha intrattenuto cordiali rapporti sia col prin­cipe Ranieri III che col figlio Alberto II, sul trono dal 2005. Il notaio si riferisce all’al­loggio occupato dal giovane Tulliani chiamandolo «que­sto famoso appartamento», il che un po’ contrasta con l’asserito disinteresse per lo scandalo: «Non ho seguito, non leggo i giornali italiani, me ne hanno riferito gli ami­ci ». Aureglia specifica d’aver conosciuto il senatore Fran­cesco Pontone, né potrebbe dichiarare diversamente, vi­sto che nel primo rogito, quel­lo dell’ 11 luglio 2008, egli stes­so certifica che il parlamenta­re italiano «agisce in nome e per conto dell’Associazione di diritto italiano denomina­ta “Alleanza nazionale”, par­tito politico sotto il codice fi­scale numero 80204110581, in virtù dei poteri generali che gli sono stati conferiti, in particolare allo scopo di di­sporre dei beni sociali, dal si­gnor Gianfranco Fini nella sua qualità di presidente del­la detta associazione».

Circa i compratori, il nota­io si limita a raccontare d’es­sere stato contattato «dagli uf­fici che rappresentano le so­cietà » nel Principato, dove per società debbono inten­dersi Jaman directors Ldt, al­la quale fa capo Printemps Ltd, e Janom partners Ltd, al­la quale fa capo Timara Ldt, tutte con sede in una mode­sta palazzina verde al nume­ro 10 di Manoel street, a Ca­stries, capitale di Saint Lucia, nelle Piccole Antille, paradi­so fiscale caraibico. Tutte so­cietà manovrate dagli stessi personaggi e tutte costituite in coppia nel medesimo gior­no: Jaman e Janom il 2 no­vembre 2005, PrintempseTi­mara il 30 maggio 2008. E tut­te con lo stesso capitale socia­le: 1.000 dollari statunitensi. Ma chi sono i soci occulti di Jaman directors, Printemps, Janom partners e Timara? Inutile chiederlo ad Aure­glia: «Il notaio non può sape­re chi c’è dietro. Si limita a controllare che le società sia­no state regolarmente costi­tuite e dispongano di coordi­nate bancarie ». Come ampia­m­ente documentato dal Gior­nale , Alleanza nazionale ven­de a Printemps per 300.000 euro l’11 luglio 2008 e Prin­temps rivende a Timara per 330.000 euro il 15 ottobre suc­cessivo. Spiega il notaio: «Pri­ma mi hanno mandato i do­cumenti dell’eredità Colleo­ni, indispensabili per la devo­luzione ( il passaggio dalla de­fun­ta ad An stabilito nel testa­mento, ndr) . Poi il partito ha deciso di vendere il bene a una società».

È così che l’11 luglio 2008 si presentano nel suo studio il senatore Pontone in rappre­sentanza di An e, per l’acqui­rente Printemps, «il signor Bastiaan, Anthonie Izelaar, amministratore delegato del­la società, residente a Mona­co, avenue des Guelfes, 4; e il signor James Walfenzao, am­ministratore della società, re­sidente a Monaco, avenue Sa­int Roman, 7, nelle loro quali­tà d­i direttori della società de­nominata “Jaman directors Ltd”», si legge nell’atto di compravendita.

Il secondo rogito, quello che il 15 ottobre attesta la ven­dita da parte di Printemps a Timara, vede presenti nello studio del notaio Nathalie Au­reglia Caruso, figlia di Paul-Louis, il già citato Izelaar, che agiva in nome e per conto del­la società Printemps, e Susan Elizabeth Beach, residente in avenue Princesse Grace 31, Monaco, in rappresentan­za dell’acquirente Timara. Nell’unica nota ufficiale in otto punti diramata da Fini a sua difesa lo scorso 7 agosto, nel tentativo di rintuzzare l’inchiesta del Giornale , il presidente della Camera ha commesso l’errore di scrive­re al punto 7: «La vendita del­l’appartamento è avvenuta il 15 ottobre 2008 dinanzi al no­taio Aureglia Caruso e sulla natura giuridica della società acquirente e sui successivi trasferimenti non so assoluta­mente nulla ». Clamoroso au­togol, perché a rigor di logica Fini non avrebbe dovuto sa­pere nulla di questo secondo passaggio di proprietà: è in­fatti l’11 luglio e non il 15 otto­bre, nello studio del padre Paul-Louis e non della figlia, che Alleanza nazionale sven­de a un quinto del suo reale valore di mercato l’apparta­mento ereditato dalla contes­sa Colleoni.

«È un affare italiano, ades­so », commenta laconico Au­reglia. Ma poi si lascia sfuggi­re un dettaglio tutt’altro che trascurabile riguardante «l’ufficio che controlla i soldi sporchi», testuale, ovviamen­te a Monaco. «C’è stata una ­comme on dit?- truffa in que­sta storia. Il Principato aveva il diritto di prelazione». E cita due leggi in base alle quali i servizi finanziari del Princi­pato possono esercitare «il di­ritto di comperare al posto di chiunque altro un immobile o un fondo di commercio, a seconda della qualità del be­ne posto in vendita, pagando un 10 per cento in più». Per­ché al 14 di boulevard Prin­cesse Charlotte non fu fatto valere questo diritto di prela­zione­e si lasciò che l’apparta­mento venisse affittato al gio­vane «cognato» del presiden­te della Camera? Tanto più che il condominio in questio­ne ri­entra per legge nella cate­goria «protégé» in quanto co­struito prima del settembre 1947:«Un tempo era sede del­­l’hotel Windsor, quindi si tratta di un immobile di pre­gio ».

Al momento del congedo, Paul-Louis Aureglia mi confi­da il suo rammarico per gli in­giusti sospetti che si sono ad­densati anche sulla sua per­sona: «Io non so niente di questa storia. Eppure un gio­vane italiano residente a Montecarlo mi ha criticato su Internet, sostenendo che io sarei complice. Avrei volu­to replicare. Ma poi mi sono ricordato che mio padre fu oggetto di un’analoga insi­nuazione quand’era in politi­ca. Scrissi un articolo in sua difesa e lo sottoposi al princi­p­e Ranieri per una lettura pre­ventiva.

Dopo qualche gior­no Sua Altezza mi fece sapere che sarebbe stato meglio so­prassedere. Se tu rispondi, l’altro rincara la dose.Se inve­ce tu non rispondi, la cosa si ferma». Più che la regola Grimaldi, si direbbe il metodo Fini.

stefano.lorenzetto@ilgiornale.it

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