Ferdinando Maffioli
È uno dei luoghi della città più frequentati - oltre trecentomila persone sciamano ogni giorno sotto le sue arcate - ma paradossalmente è poco conosciuto, poco osservato. Vissuto sempre sul versante dellansia, sul crinale di un tempo che giostra tra arrivi e partenze, congelando, e congedando, altre possibilità. Eppure la Stazione Centrale è stata per decenni la porta dingresso principale della metropoli, prima dessere affiancata da aeroporti, tangenziali, snodi autostradali e metropolitane.
Lidea di quella monumentale struttura che domina piazza Duca dAosta ha giusto un secolo. Era il 1906 quando, in concomitanza con lEsposizione internazionale, si svolse il concorso per la facciata di un «edificio per viaggiatori». Il progetto era quello di sostituire la vecchia stazione di transito (collocata nella zona dellattuale piazza della Repubblica), con una di «testa» che permettesse anche, sviluppando la rete ferroviaria in senso radiale, di liberare la città dal «nodo» dei binari. Un secondo concorso si tenne sei anni dopo e fu vinto dallarchitetto Ulisse Stacchini. Ma il vero inizio dei lavori avvenne nel 1925 e la conclusione - di un progetto modificato in senso monumentale - nel 1931.
Un bel libro di Massimiliano Finazzer Flory presentato domani alle 18 allUrban Center della Galleria - «La Stazione Centrale di Milano. Il viaggio e limmagine», pagine 120, 15 euro, edito da Skira, testi anche di Enrico Aliotti, Gianni Verga e Silvia Paoli - ripercorre, soprattutto fotograficamente, questa avventura architettonica. Con un inizio che non fu proprio entusiasmante. Giuseppe Pagano, direttore di «Casabella», le riservò subito lappellativo di «Tomba del viaggiatore ignoto» sottolineandone l«eccessiva e straniante monumentalità». Scontenti furono anche i tifosi della modernità, dellenergia, della dinamicità dei trasporti ai quali la nuova stazione appariva incapace di «agganciarsi» al progresso.
Ma se deluse i critici la Centrale entusiasmò i fotografi, che subito, nel 31 e nel 32, «ne esaltarono - come ricorda Silvia Paoli - le suggestione e le peculiarità evocative». Tra questi Antonio Paoletti, attivo a Milano fin dal 1908, che nei suoi scatti - pubblicati sulla «Rivista di architettura del 1931 - si sofferma soprattutto sulle decorazioni, sia interne che esterne. E ci sono poi le fotografie di cantiere, fatte dalla stessa società costruttrice, la Società Italiana Chini di Milano, che rivelano anche numerose novità nelle tecniche di realizzazione.
Il libro di Finazzer contiene dunque oltre 50 foto storiche della Stazione, dalla posa della prima pietra, nel 1906, alla scalpitante attività del cantiere negli anni Venti, dallinnalzamento della prima centina al completamento della grande tettoia centrale, con immagini del grandioso atrio e dellimponente facciata. Molte di queste immagini saranno proiettate e commentate durante la presentazione del volume. Scrive Finazzer Flory nel suo saggio intitolato Partenze: «La stazione disvela e alimenta le nostre azioni, le induce, offrendo ai nostri stati danimo emozioni contraddittorie. La partenza ha molteplici voci e volti. Così, le stazioni si prestano a essere ambivalenti spazi di azione e riflessione».
Allincontro di domani (ingresso libero fino ad esaurimento posti. Info 349.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.