Monza rinuncia a un parco per far dispetto a Berlusconi

Monza rinuncia a un parco per far dispetto a Berlusconi

da Monza

C’è un imprenditore che, in quel di Monza, chiede di poter edificare su un terreno da qualcosa come quarantadue anni. C’è un sindaco di centrosinistra che tenta di impedirlo, con corsi e ricorsi e pure Prg fantasma. Poi, c’è una campagna elettorale.
Che c’azzecca, direte voi? Be’, quell’imprenditore si chiama Paolo Berlusconi. Sì, lui, il fratello dell’ex premier che ha tutte le carte in regola per poter costruire su quel terreno, la Cascinazza, e che ha pure pagato fino all’ultimo gli oneri di urbanizzazione. Ma, attenzione, a Monza si vota tra un paio di mesi e il voto a Monza è di quelli «pesanti» con la coalizione di centrodestra unita e compatta per mandare a casa il sindaco uscente. Michele Faglia spera dunque di riuscire ad incassare qualche voto in più impedendo a chi porta il cognome Berlusconi di poter fare ciò che vuole nel rispetto delle leggi.
Dietrologia? No, fotografia della realtà nuda e cruda. Che, ieri, si è completata con una sentenza della Cassazione: ottantasei pagine dove i supremi giudici respingono il ricorso presentato dai legali di Paolo Berlusconi che chiedeva trecento milioni di euro di risarcimento al Comune di Monza per aver impedito l’edificazione su quell’area.
Sentenza sbandierata da Faglia e dai suoi pasdaran come una «pietra tombale per Berlusconi»: è un successo «dell’amministrazione comunale, che pone fine a una battaglia in cui il Comune è stato tenuto sotto pressione» e che «non solo ribadisce i pieni poteri dell’amministrazione nella pianificazione territoriale» ma dichiara «in via definitiva che il Comune non è tenuto ad alcun indennizzo né alcun tipo di risarcimento».
Naturalmente, Faglia and company si applaudono da soli: «Abbiamo sempre lavorato per confermare l’interesse pubblico», «c’è stata contro noi un’azione da lupara» e altre amenità. Virgolettati che Pippo Civati, segretario cittadino dei Ds, riassume persino in una «certezza»: «La città di Monza è finalmente libera da un’ossessione amministrativa che era diventata un’ossessione politica e questo segna per Monza un momento storico».
Commenti su un’interpretazione, diciamo, grossolana della sentenza: infatti, la Cassazione ribadisce, nero su bianco, l’edificabilità dell’area Cascinazza e la validità della convenzione edilizia che risale al lontano 1964. Gli alti magistrati riconoscono non solo implicitamente il diritto alla proprietà dell’area - situata a sud-est di Monza, sul lato destro del fiume Lambro - di poter costruire un insediamento residenziale di più di 388mila metri cubi in un’isola di verde, un parco per la città e di poterlo fare da qualcosa come quarantadue anni. Sentenza inequivocabile che, a Monza, viene però stravolta «ideologicamente».
Nessuno stupore: è la guerra della sinistra a chi porta il cognome Berlusconi, di chi ha persino fatto scomodare il governo Prodi per impugnare davanti alla Corte Costituzionale uno stralcio della legge urbanistica della Regione Lombardia. «Prevaricazione dettata solo ed esclusivamente da un interesse di partito e dalla persecuzione di un’amministrazione di un colore rispetto a cittadini ed eletti di altri colori» ricorda l’assessore regionale lombardo Davide Boni. «Quanto accade a Monza è l’ennesima prova che la politica di Faglia e del centrosinistra non è propositiva bensì sempre contro qualcuno» fa sapere l’assessore regionale Massimo Ponzoni. Già, è la politica del sindaco uscente che in tribunale ha sin qui rimediato sempre (o quasi) brutte figure, autentiche «botte» sull’urbanistica che non fanno certo bene a chi di professione è architetto.


Ma, chiosa Fabrizio Sala (Forza Italia), «nessuno stupore»: «È la solita sinistra che guida i giudici e interpreta le sentenze. Il risultato? I problemi sapremo noi trasformarli in risorse per la città che a breve amministreremo».

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