Morì nel lager Ora la nipote lo riporta a casa

Per 55 anni Emma Rioli si è battuta per riavere la salma dello zio, sepolto a Francoforte. Grazie al consigliere regionale Ferretto presto ci riuscirà

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Una storia anche un po’ triste. È la storia di zio Gigi che parte per il fronte, lo fanno prigioniero, spedisce un’ultima lettera alla nipote Emma e le promette che un giorno tornerà e resteranno per sempre assieme. Forse non scrive proprio tutto alla nipote, tipo che la guerra è una sporca faccenda, che non è detto che finisca sempre nel modo migliore e che in quei posti stai sempre male, sia se vinci e sia se perdi. Infatti lo zio Gigi dopo l’otto settembre del ’43 viene fatto prigioniero in Albania dalle truppe naziste e finisce a Mainz Kostheim, improbabile nome di un maledetto lager della Renania a pochi chilometri da Francoforte. Se in guerra si sta male, nei lager si sta peggio, lo zio Gigi soffre la fame, il freddo, ha un mal di denti che gli toglie il respiro. Di zio Gigi si perdono le tracce ma la nipotina fa una promessa guardando il cielo sopra Milano: ti troverò. E inizia una ricerca estenuante che dura 55 anni.
A chi le chiede oggi di parlare di zio Gigi, perché in casa così chiamavano Virginio Rioli, Emma mostra la foto che le mandò con l’ultima lettera nel 1944, prima di morire in un lager tedesco. Per molti anni dello zio a lei non è rimasto altro che la foto di un giovane baffuto con l’elmo e il fucile a tracolla. Così nel 1999 scopre che lo zio, morto nel lager di Mainz Kostheim, è sepolto al cimitero militare italiano di Westhausen alla periferia di Francoforte, dove riposano quasi cinquemila caduti: «Probabilmente mitragliato mentre cercava di scappare».
Proprio durante la sua prima visita, Emma nota su una lapide la scritta rimpatriato e così scopre che c’è la possibilità di riportare in Italia i caduti. Nel 1999 però il governo D’Alema emana una legge che lo permette ma su richiesta dei congiunti e a loro spese. Significa che i parenti possono portare in Italia i loro cari ma devono pagare il rientro, nel caso di Gigi 2.201,80 euro: «Ora 180 euro in più - commenta amaramente Emma Rioli -, dopo che Alitalia ha applicato una tariffa sul trasporto».
A Emma però questa norma non sembra giusta, tampina tutti, presidente della Repubblica, ministero degli Esteri e della Difesa, anche il consolato italiano di Francoforte: «Tutti hanno gli stessi diritti di rientrare in patria. Perché per i caduti della guerra mondiale le famiglie devono pagare le spese?».
Ma appelli e suppliche non funzionano, risultati pochi, e allora Emma contatta il consigliere regionale Silvia Ferretto che presenta subito una proposta di legge al Parlamento per chiedere che sia lo Stato a pagare le spese per il rimpatrio delle salme. E poi stacca un assegno per consentire il rientro dello zio che verrà successivamente tumulato a spese del Comune nel sacrario di Sant’Ambrogio. «Credo che la legge attuale sia oltraggiosa e vada modificata - spiega il consigliere Ferretto -. È diritto delle famiglie riavere i propri cari ed è dovere dello Stato dare un riconoscimento a chi serve la patria e non può essere abbandonato».


Pagando lo zio Gigi sarebbe in Italia nel giro di 48 ore, ma c’è un problema: alla signora Emma hanno già fatto sapere che stiamo andando verso la stagione calda, e certi lavori non si possono fare quando le temperature sono così alte. Lo zio Gigi non ha ancora finito di tribulare.

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