Moschea in piazza Duomo Tettamanzi parla ma tace

Neanche una parola sulla preghiera islamica davanti al Duomo. Sua eccellenza il cardinale Tettamanzi mi consentirà qualche domanda. Lo sa che cosa vuol dire un preghiera pubblica islamica inscenata in un luogo aperto davanti a una chiesa? Sa che la mossa seguente potrebbe essere che la preghiera avvenga dentro alla chiesa, nella quale si può entrare anche a forza? Sa che la consacrazione di una chiesa è un rito complicato per il quale è necessaria almeno la presenza di un vescovo, mentre non ci vuole niente a fare una moschea, bastano due frasi pronunciate da un imam, che può essere rappresentato da un fedele?
S’è reso conto eccellenza, che qualche giorno fa, mentre Ella era evidentemente distratta, in giro per l’Europa è accaduta una cosa grave? Le rinfresco la memoria. Migliaia di musulmani hanno pregato in ginocchio davanti al duomo di Milano, a Notre Dame di Parigi, alla basilica di San Petronio di Bologna, si sono sistemati in ordine rigorosamente geometrico, il capo chinato in direzione della Mecca. Forse Ella non s’è accorta che, negando o omettendo pubblicamente questo fatto, ha confinato la religione a un sentimento privato, non ha compreso che è necessario contrapporsi a una comunità e a un progetto al centro del quale la religione è tutt’uno con la politica.
Sa che l’impressione di coloro che non si sono chiusi occhi orecchie e bocca come le tre scimmiette resta netta: a Milano si è consumata la sfida di un simbolo alto del cattolicesimo italiano. La Madonnina, forse non l’ha guardata, potrebbe avere pianto. A celebrare il rito dissacratorio e provocatorio non sono stati insoliti ignoti, ma soliti noti. C’era l’imam del centro islamico di viale Jenner, Abu Imad, c’erano i capi dell’Ucoii, l’organizzazione islamica che professa abbastanza palesemente il disprezzo della religione cattolica, il dileggio del crocefisso che incoraggia gli imam fai-da-te, la segregazione delle donne, la poligamia.
Questo non è dialogo fra le religioni, è antagonismo, ed è un antagonismo che si propone di vedere e verificare in una serie di braccio di ferro chi è il più forte, per chi la partita è più importante, chi riuscirà a sopraffare l’altro alla fine. In questo, eccellenza, Israele e l’antisemitismo sono strumento preciso e micidiale. Ogni volta che di fronte agli integralisti e agli antisemiti si ostenta indifferenza e si tace, si sferra un colpo duro ai governi arabi moderati e ai tanti cittadini musulmani, che stiano nei loro paesi o siano venuti in Europa, che alla pace, alla convivenza e all’integrazione aspirano.
Lo sa, cardinale Tettamanzi, che è stato superato in oculatezza e capacità di giudizio proprio da un musulmano, naturalmente moderato, e sicuramente spesso messo in condizione di difficoltà, l’imam Sergio Pallavicini, il quale ha dichiarato: «Una scena penosa, Hamas e i suoi simpatizzanti in Italia hanno strumentalizzato la religione per fini politici. E questo è blasfemo».
Purtroppo, esimio cardinale, Ella non è da solo, in questo momento c’è una parte della gerarchia cattolica che strizza l’occhio, lo ha sempre fatto, all’islam in nome di uno spirito cosiddetto di sinistra, che profitta della situazione e dell’imminente viaggio annunciato del Papa in Terra santa per fare passare idee che non appartengono al Vaticano e tanto meno a questo pontefice. In accoppiata con Ella il vescovo di Nazareth Giacinto Marcuzzo, dichiara disinvoltamente addirittura che bisogna dialogare seriamente con Hamas perché solo così si può arrivare davvero a una soluzione duratura. Usa come pretesto la messa a rischio della prossima visita del Papa.

Ma la visita di Benedetto XVI può essere legata solo alla sconfitta del terrorismo e questo Papa ha detto che le conseguenze culturali e sociali della religione devono tornare a essere importanti. Perciò, la prossima volta, cerchi di non ignorare quel che accade davanti agli occhi.

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