Mps, Banco e Ubi con il fiato sospeso per il verdetto Eba Occhi su Bruxelles

È attesa a metà settimana con il consiglio dell’8-9 febbraio, la decisione dell’Eba, l’autorità bancaria europea, sui piani presentati alle banche centrali dagli istituti di credito del Vecchio Continente chiamati a rafforzare il proprio capitale per arrivare ai livelli di patrimonio richiesti dall’Authority stessa (Core Tier1 al 9%). Per l’Italia sono in ballo circa 7,5 miliardi di euro di capitale aggiuntivo, considerato che Unicredit ha già provveduto a mettersi in regola con un aumento da 7,5 miliardi su 7,9 richiesti. In questione restano le misure di Mps (3,2 miliardi la richiesta Eba), Banco Popolare (2,7 miliardi) e Ubi (1,3 miliardi). Gli istituti rispettivamente guidati da Fabrizio Viola, Pier Francesco Saviotti e Victor Massiah hanno presentato a Palazzo Koch le proprie controdeduzioni che escludono il ricorso al mercato, fondandosi soprattutto su operazioni di capital management e sulla conversione di strumenti ibridi. Misure che il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni ha definito «incoraggianti».
Il metodo utilizzato dall’Eba nelle simulazioni (una svalutazione al 100% dei titoli di Stato dei Paesi Ue in crisi) ha comunque scatenato molte critiche nel nostro Paese, soprattutto da parte dell’Abi e anche della Consob. Bankitalia si è così trovata a esser «tirata per la giacca» da entrambe le parti in causa. Il presidente della Consob, Giuseppe Vegas, ha messo in evidenza come il processo di ricapitalizzazione delle banche da attuarsi nel breve termine (la deadline è fine giugno) porti con sé non pochi rischi, non ultimo quello di un ingolfamento dei mercati, con evidente minaccia anche per la domanda dei bond si Stato. Il numero uno della Consob ha paventato anche che le ricapitalizzazioni potrebbero determinare un cambiamento all’assetto azionario delle banche oltre che inasprire il credit crunch.

«Il rafforzamento patrimoniale non è la soluzione della crisi, ma non c’è soluzione che non passi attraverso il rafforzamento», ha replicato il presidente Eba, Andrea Enria. Le banche, italiane e non, sperano tuttavia che il Consiglio Ue di marzo possa cambiare le carte in mano all’Eba.

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