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Musei d'agosto? Roba per parvenu dell'arte

Altro che esempio di sensibilità: visitare gallerie e pinacoteche col caldo e la folla di Ferragosto (quando si possono vedere sempre) è un delirio

È sconcertante il coro di consenso con cui si è salutato un episodio di insensato delirio come testimonianza di intelligenza dei cittadini e di lungimiranza degli amministratori. Anche le fotografie sono eloquenti e ci mostrano lunghissime code di visitatori a Brera il giorno di Ferragosto per visitare la Pinacoteca.

Questo episodio sarebbe, secondo gli osservatori, la prova dell’attenzione e della curiosità del pubblico sensibile e colto per una buona proposta. Guido Martinotti ha scritto: «La moneta buona, se qualcuno la usa, la vince su quella di latta». Nessun dubbio che i capolavori della Pinacoteca di Brera siano «moneta buona» ma non si tratta di moneta rara. Intendo che la presenza per alcuni giorni, e magari a Ferragosto, di un’opera appena scoperta, o mai prima vista, un’esposizione temporanea di dipinti di collezioni private che, dopo breve ritornino alle loro infrequentabili sedi, moneta buona e rara, giustificherebbero la frenesia, l’affanno, il mettersi in coda, per non perdere l’occasione.

Si dirà ma qui lo stimolo era nel richiamo al secondo centenario della Pinacoteca di Brera e la gratuità dell’offerta. Sono certamente ragioni che vanno tenute in considerazione. Ma l’anniversario di un bicentenario dura almeno un anno, e una coda sotto il sole con una lunga attesa e un sovraffollamento delle sale per ammirare capolavori, salvo che per provati masochisti non vale il risparmio di due Coca Cole o di una birra qual è il prezzo del biglietto di accesso alla Pinacoteca di Brera.

Dunque l’esaltazione dell’evento è un riflesso condizionato di una soddisfazione dopo anni di carestia per vedere finalmente frequentato uno dei principali musei italiani, molto al di sotto, nel numero dei visitatori, degli Uffizi e della Reggia di Caserta. Così, valutate le circostanze, il ministro Sandro Bondi ha pensato di doppiare la carica del ferrarese Mario Resca, testé nominato Direttore generale per la valorizzazione dei Beni culturali attribuendogli il ruolo di Commissario per la Grande Brera. Proprio ieri, a margine di un convegno sui piccoli comuni lombardi (anche in relazione all’Expo del 2015), nel castello di Zavattarello, lo stesso Resca ha confermato il nuovo impegno. Dunque c’è bisogno di un commissario straordinario perché l’ordinario diventi eccezionale. Come, appunto, è accaduto a Ferragosto.

Mi chiedo, nel ruolo di avvocato del diavolo: ma i dipinti della Pinacoteca di Brera non sono sempre stati lì, in più o meno felici allestimenti? Dal Cristo morto del Mantegna nel miserabile corridoio giallo disegnato da Vittorio Gregotti, allo Sposalizio della Vergine di Raffaello, alla Pala di Urbino di Piero della Francesca, alla Cena in Emmaus di Caravaggio? E oltre questi capolavori, faticosamente ammirati in fila e uno davanti all’altro, i devoti pellegrini del 15 agosto, avranno avuto il tempo di uno sguardo anche per il Polittico di Valle Romita di Gentile da Fabriano, per la Cleopatra di Guido Cagnacci, per la mirabile Pala ravennate di Ercole De Roberti, forse l’opera più straordinaria conservata a Brera? Avranno seguito l’ordine di squadra che, a molti, sembra aver fatto dire: «Non sapevo che a Brera ci fosse la Cena in Emmaus di Caravaggio...». A questi, presumo milanesi più che turisti, e anche ammesso che abbiano scoperto non solo l’esistenza del Caravaggio ma anche della Pinacoteca il 15 agosto, chiedo ma perché non avete pensato di informarvi su ciò che a Milano è sempre visibile e con gli orari di apertura per andare senza coda, in un giorno feriale, e non di ferie d’agosto, a vedere Brera? Perché non il 15 gennaio, o il 15 febbraio o il 15 marzo o il 15 aprile o il 15 maggio, o il 15 giugno, o il 15 luglio o il 27 agosto?

Perché mettersi in coda per vedere ciò che si può sempre vedere in condizioni migliori, senza canicola, senza sudare e senza vedere ostacolata la traiettoria dello sguardo da altrui nuche?

Mario Resca dovrà rendere tutti giorni come Ferragosto, e avrà scoperto l’uovo di Colombo, ma anche prima del suo avvento qualunque milanese che si presuma, se non colto, «imparato», poteva sapere che la Pinacoteca di Brera esiste da 200 anni e che i dipinti dei grandi maestri sono sempre stati lì ad aspettare il suo sguardo, in alcuni giorni anche orfani perfino di un’attenzione distratta, nelle sale vuote, e tanto rassicuranti per chi voglia contemplare le opere d’arte, intendendo il rapporto con loro come un atto d’amore. Io e l’opera. Ma evidentemente agli intellettuali, ai giornalisti, ai commentatori piacciono di più le ammucchiate. Salvo che non le pratichi il premier. Verrà il giorno che Brera, come forse già oggi, tornerà felicemente vuota. Almeno prima che arrivi a popolarla il commissario Resca, nuovo Napoleone. Non si dimentichi che tra gli uomini che fecero molto per l’arte a Milano prima di Resca ci fu padre Resta (quello del codice).

Oggi non ci resta che Resca.

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