Marco Morello
Sul Lungotevere della Vittoria, a poche centinaia di metri da via Oslavia, la lunga serie di condomini che si affacciano sul fiume è interrotta a un tratto da un palazzone bianco, squadrato, punteggiato da ampie finestre dai vetri scuri. Il complesso, suggestivo nel suo contrasto spontaneo con il cielo, include un’alta torre, su cui sventola la bandiera italiana. Si tratta del museo dell’Istituto storico e di cultura dell’Arma del Genio, una sorta di appendice del museo dell’Ingegneria militare. Nelle numerose e imponenti sale in cui è diviso, sono custoditi cimeli e armi di tutti i generi, dai fucili ai cannoni, modelli di opere di difesa campale, documenti storici, una vasta biblioteca e il primo esemplare di tricolore con impresso lo stemma sabaudo.
L’edificio era aperto al pubblico il martedì, il giovedì e il sabato dalle 8,30 alle 12,30. Era aperto, perché circa un mese fa è stato chiuso, ufficialmente per lavori. La vera ragione che rende inaccessibili i locali al personale non militare è però un'altra, e appare d'incanto girando l'angolo e avvicinandosi alla parte posteriore del fabbricato, quella che dà su via Filippo Corridoni. Proprio davanti al museo, a gennaio di quest'anno sono arrivate le ruspe per realizzare un parcheggio sotterraneo previsto dal Pup. Gli scavi, che hanno attualmente raggiunto i 15 metri di profondità, qualche settimana fa hanno provocato il cedimento delle fondamenta del museo creando un'ampia crepa in una zona del muro portante, da cui si è generata un'incurvatura convessa dello stesso e l'abbassamento del livello della pavimentazione. Le conseguenze sono ben visibili dall'esterno. Un brutto affare, insomma, considerato che le sale erano piene di importanti reperti che potevano essere danneggiati. Immediatamente è intervenuta l'ottava divisione del Genio Lavori, che prima ha svuotato l'ala interessata e ha iniziato le procedure di consolidamento della struttura, e poi si è mossa per chiedere un risarcimento danni alla società privata che ha in gestione l'appalto di costruzione del parcheggio. Intanto la parete è stata puntellata con il ricorso a dei tiranti di sostegno. Dal Campidoglio ci tengono però a minimizzare la portata dell'accaduto: «C'è stato solo un leggero smottamento di un muro in travertino - assicura al Giornale Fabrizio Panecaldo, delegato del Consiglio comunale al Pup -. È quasi tutto risolto, i tecnici non hanno ancora fissato i contrafforti per controbilanciare il muro e hanno quindi dovuto applicare dei tiranti provvisori».
È un episodio questo che non è venuto subito alla luce per merito o per colpa, a seconda dei punti dei vista, del silenzio «militare» collettivo che pare cingere e proteggere la zona, ma che avvalora ancora una volta le preoccupazioni rilanciate appena tre giorni fa dal crollo nella rimessa Atac di via Montenero. L'area in questione, che oltre al parcheggio di via Corridoni prevede interventi in quello di via Oslavia, di piazza Cavour e di lungotevere dei Mellini, è caratterizzata da un terreno argilloso e ricco di falde acquifere. Basta lanciare uno sguardo all'interno del cantiere accanto al museo, pieno di pozze più o meno grandi. E per cercare ulteriori conferme basta fare un piccolo excursus storico e tornare indietro fino al maggio del 2000, quando gli operai che effettuavano gli scavi di un Pup in piazza Monte Grappa si sono dovuti servire di una barca per gli spostamenti nel cantiere. Anche alla luce degli ultimi sviluppi, intanto, continua a protestare il comitato di via Oslavia, che da anni porta avanti una battaglia per interrompere i lavori di scavo nel municipio XVII: «Giudichiamo preoccupante - fanno sapere in una nota - l'atteggiamento del Campidoglio che seguita a ignorare i seri problemi idrogeologici della zona. Quella del museo del Genio è l'ennesima riprova di quali sono i rischi di firmare concessioni praticamente alla cieca per opere di scarsissima pubblica utilità, come riconosciuto dallo stesso Consiglio di Stato». Secondo Panecaldo, invece, non ci sarebbero più pericoli di nessun genere in via Oslavia, soprattutto dopo gli interventi che avrebbero eliminato qualsiasi rischio di ipotetici danni agli edifici circostanti. Gli abitanti della zona, insomma, possono dormire sonni tranquilli anche se le ruspe torneranno presto al lavoro.
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