Al Museo della Tolleranza non si sopportano più

Liti a Gerusalemme. Dopo lo stop per il luogo prescelto, inviso agli arabi, l’archistar Gehry se ne va in polemica con la direzione

L’importante nella vita è sapere che Dio ci perdonerà. Tutti. Per il resto, dateci dentro: donne, yacht, tradimenti, litigi, intolleranze, e anche qualcosa in più, se avete fegato. In seguito metteteci un po’ di contrizione, se siete credenti timidi, o un po’ di fiera e sempre perfettibile intransigenza, se siete credenti comme il faut, e lasciate fare a Lui. «L’è il so mesté», dicono a Milano.

Proprio a Gerusalemme - resi saggi da millenni di esperienza - di tutto questo debbono essere convinti, tanto che non si sono lasciati mancare nulla: ed è così che il Museo della Tolleranza - dopo la defezione, ieri, dell’archistar Frank O. Gehry che avrebbe dovuto firmarlo - può oggi benissimo essere ricordato come il Museo dell’Intolleranza. Ricostruiamo la vicenda.

Nel 2002 il fondatore della sezione di Los Angeles del Centro Simon Wiesenthal nonché rabbino Marvin Hier annunciò la costruzione di un edificio destinato a promuovere «la tolleranza e la comprensione fra ebrei, cristiani, musulmani e altri». Fin qui tutto bene, tanto che Tony Blair gli è andato dietro con la sua Faith Foundation, e poi da dire che c’erano precedenti di pensiero illustri, Gandhi, per esempio («Le varie religioni sono strade diverse che convergono nello stesso punto»).

Solo che uno ci pensa un po’ su, prima di scagliare, o meglio posare la prima pietra. Che nel caso del Museo della Tolleranza è stata fin da subito quella dello scandalo: il luogo prescelto dove costruire l’edificio, infatti, era un terreno a Gerusalemme Ovest, zona israeliana, in teoria libero. In pratica, invece, i musulmani lo usavano da secoli per seppellirci i loro morti. Risultato: indignazione dei mussulmani, perplessità degli ebrei, quasi indifferenza dei cristiani, e stop dei lavori dalla Corte Suprema di Israele. E il Centro Wiesenthal che cambia in corsa il progetto, con grande irritazione di Gehry che lo stava cesellando.

Le cose vanno per le lunghe fino a ieri, quando i lettori del quotidiano israeliano Haaretz hanno appreso che Frank O.

Gehry - già archistar del Guggenheim di Bilbao, della Walt Disney Concert Hall di Los Angeles e di quant’altro, nonché aspirante autore del Museo della Tolleranza (il cui costo si aggira sui 250 milioni di dollari) - ha gettato la spugna e se ne è andato sbattendo la porta, infuriato. Intollerante pure lui. Più che un Museo, una lezione di saggezza.

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