Tra musica e arte

I nsieme al Surrealismo e alla Pop Art, la Psichedelica è il «long seller» dell’avanguardia. Non solo ha ampiamente resistito all’usura del tempo - è quasi mezzo secolo che questo termine connota le espressioni più bizzarre, fantasiose e acide in diversi ambiti linguistici, dalla moda alla musica, dall’arte alla letteratura - ma è stata anche capace di rinnovarsi oltre il revival.
In Italia la psichedelia ha il suo «guru» in Matteo Guarnaccia. Milanese, classe 1954, artista tra i primi a lavorare sul collage in chiave visionaria, oggi molto in voga, autore di una ventina di saggi su moda, design, controculture giovanili, ha rimesso mano a uno dei suoi testi cardine, quell’Almanacco psichedelico pubblicato per la prima volta nel 1996, qui rivisitato e ampliato per le edizioni Shake con il titolo di Psichedelica.
Si tratta di un indispensabile dizionario con oltre un migliaio di voci corredate da altrettante immagini, un’esaustiva compilation di personaggi e situazioni, luoghi e avvenimenti, suggestioni e derivazioni di tutto ciò che fa psichedelia.
Si passa dal satanista Charles Manson a Benoit Mandelbrot, scopritore della geometria frattale; accanto al più noto dei mistici occidentali, Aldous Huxley, c’è il graffitista Keith Haring; non potevano mancare Jodorowsky e le sostanze psicotrope, Sgt Peppers dei Beatles e la Summer of Love. Tra gli italiani, curioso il recupero di Benito Jacovitti e la citazione di Federico Fellini che di norma è definitito come surrealista.
Contrariamente a ciò che si pensa la psichedelia non nasce in America bensì in Europa. «Le matrici - ci spiega Guarnaccia - provengono dal Vecchio Continente, a cominciare dal Simbolismo e addirittura risalendo più indietro a tutte quelle espressioni che non hanno nessun interesse a rappresentare la realtà, bensì superarla in ipotesi di altri mondi possibili, ivi compreso l’incontro con le filosofie orientali che tanta parte hanno avuto nell’invenzione di un immaginario nuovo». Intorno al ’67 la cultura californiana segna il connubio tra la psichedelia e il movimento hippie, la contestazione giovanile e la sua commercializzazione.
E il rapporto con la politica? «Difficile e osteggiato dalla cultura ufficiale di sinistra che da sempre non tollera stranezze, bizzarrie e soprattutto le persone troppo libere». Oggi che gli eredi del comunismo rivelano la loro anima bacchettona e sessuofobica, si capisce meglio perché negli anni ’60 guardassero con diffidenza questi profeti del corpo nudo, dell’amore e del sesso libero. Identificato come il fricchettone stonato che non ha nessuna voglia di impegnarsi, il giovane «psichedelico» se ne frega dell’impegno politico ed è, fondamentalmente, un individualista. Utilizza la propria creatività per sperimentare qualsiasi forma e linguaggio, non sposa il pacifismo generico come una bandiera perché non ha nessuna voglia di darsi a cause di cui non gli importa nulla.
Situazionista come Guy Debord, beat come il Neal Cassidy di Sulla strada, viaggiatore artificiale come Timothy Leary, l’«uomo psichedelico» adotta la trasversalità in quanto veicolo d’esperienza. «Non c’è un’arte psichedelica vera e propria che si possa identificare all’istante, ma un travaso continuo di immagini che dalla pittura passa all’illustrazione, dal fumetto alla grafica».


E rispetto alla moda del presente, in cui si rischia l’effetto vintage? Guarnaccia sostiene che il rinnovato interesse dei giovani sia un fatto positivo: «Risveglia quel desiderio di creatività sperimentatrice che altrove finiva ingabbiata da tendenze troppo schematiche».

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