Musica, televisione, cinema. Tutti inseguono i giovani

I minorenni fino a qualche anno fa erano ininfluenti Ora sono il pubblico di riferimento. E decidono loro

Musica, televisione, cinema. Tutti inseguono i giovani

Ma guarda come cambiano le cose. Fino a pochi mesi fa, la frattura tra «giovani» e «vecchi» nel mondo dell'intrattenimento sembrava nettissima. Agli over 40 la tv e i cd oppure, al massimo, il download della musica. Agli under 40 il web, lo streaming e i social. Ma siamo in un'epoca «fluida», quindi gli equilibri cambiano alla stessa velocità di una connessione con la fibra. A cento (mega) all'ora.

Lo ha confermato l'ultimo Festival di Sanremo, uno dei tradizionali baluardi del conservatorismo tv. I telespettatori tra i 15 e i 24 anni sono cresciuti dell'1,8 per cento di share rispetto al 2018, con una media finale del 54,9 per cento: il risultato migliore da almeno 15 anni. Una svolta epocale, specialmente se si considera che Rai1 è considerata il simbolo dell'invecchiamento della televisione. Idem per il (quasi) reality show Il collegio su Rai2 che non solo ha ascolti importanti tra i giovanissimi, ma vanta anche una consistenza social a base di «meme» e tormentoni virali. Un segnale importante. E non è il solo.

Alla base di questa gigantesca rivoluzione c'è una password: «streaming». Lo streaming è la parola chiave di questa evoluzione. Nella musica soprattutto. Fino a pochi anni fa, gli equilibri commerciali della musica leggera si basavano sulla proprietà. Per capirci, la vita commerciale di album come Thriller di Michael Jackson o The Wall dei Pink Floyd si esauriva con l'acquisto della singola copia, della quale l'utente poteva poi farne l'uso che desiderava: ascoltarlo all'infinito oppure mai oppure due volte e stop. Ora, grazie allo streaming, la lancetta si è spostata sull'ascolto. Le copie vendute sono pochissime, mentre gli ascolti sono miliardi attraverso piattaforme come Spotify, Deezer o Tim Music. E sono spesso compulsivi, ossia ripetuti tantissime volte nell'arco di brevissimo tempo. È la dittatura del clic.

In più c'è una sostanziale differenza di consumo: un over 30 ascolta molte meno ore di musica al giorno di un under 30, quindi è meno «redditizio», garantisce meno clic, meno viralità e alla fine meno esposizione riflessa anche sui media tradizionali. È evidente che l'asticella anagrafica del pop è destinata ad abbassarsi, come conferma anche il pubblico ai concerti di tendenza (spesso trap, ma non solo) che ormai accolgono anche spettatori di 8, 10 o 12 anni. Una cosa impensabile fino a pochi anni fa.

Premiando artisti con questo tipo di pubblico, il mercato indica chiaramente che, in un futuro molto prossimo, muteranno per sempre equilibri che sembravano consolidati. L'ascolto (in cuffia) sarà «roba per ragazzini». Invece l'ascolto (dal vivo) sarà ricercato da un pubblico più maturo.

Dopotutto basta dare un'occhiata ai tour mondiali delle grandi star per accorgersi che sono quasi tutte over 40 con un pubblico più o meno coetaneo (da U2 a Metallica, per capirci), mentre le nuove stelle sono più «local» e concentrate su di una visibilità più social (stile Instagram stories).

Insomma, la situazione è cambiata grazie all'innesto di una fascia anagrafica commercialmente quasi insignificante fino a poco tempo fa: i minorenni. E le conseguenze si spalmano inesorabili su tutto l'orizzonte dell'intrattenimento, che è sempre più liquido e sempre meno «fisico». Nel 2016 si diceva «ai giovani il web, agli anziani la tv». Ma se la tv va sul web?

Grazie a Netflix, Amazon Prime e altre piattaforme, le serie e i film possono essere seguite da ragazzini o addirittura bambini. Lo conferma la sequenza di super eroi Marvel gettonatissimi non solo al cinema, ma pure in streaming su Netflix (nonostante il rapporto tra Marvel e Netflix si sia interrotto, forse a causa dell'imminente lancio di Disney+) e su Sky (Agents of S.H.I.E.L.D, per esempio).

Sono serie indirizzate tendenzialmente a un pubblico giovanissimo (ad esempio Riverdale o Le terrificanti avventure di Sabrina su Netflix) e autonomo nelle scelte. Per fare un paragone, è una situazione distante anni luce dai tempi di Happy Days, trasmessa per la prima volta in Italia a fine 1977 per un pubblico di adolescenti «controllati» da famiglie preoccupate persino dalla bonomia spaccona di Fonzie. Al confronto della serie Luke Cage o del film The Avengers sembra un'era geologica fa.

Alla fine si è quindi modificata la mappatura anagrafica dell'intrattenimento.

L'età media di riferimento è diminuita, gli argomenti sono più trasversali, le soglie di sbarramento molto più labili. In pratica, è cambiato lo scenario, qualcuno lo ha già capito, altri no. Ma di sicuro tutti nei prossimi mesi ne vedremo le conseguenze.

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