Finalmente ho conosciuto Enrico Musso. Direttamente, intendo. Felice - un po sadicamente - di essere in qualche modo io nella parte del prof e lui nella parte dellalunno. Di esaminarlo sui primi accenni del suo programma e delle sue idee, sulla sua resa televisiva, sulla sua capacità di bucare il video. Era dai tempi in cui, giovane cultore della materia, vessavo malcapitati universitari sul diritto parlamentare, che non provavo un simile brivido di piacere. Con un prof poi!
Loccasione è stato il dibattito di mercoledì sera a Zona Rossa, su Telecittà. Che, con una correttezza giornalistica assoluta, pur essendo una tivù di proprietà delle Coop rosse, ha messo in piedi una trasmissione assolutamente equilibrata, interamente dedicata alle candidature del centrodestra: cera, per lappunto, Musso; cera Renata Oliveri, che corre per la Provincia e cera il commissario metropolitano azzurro Roberto Cassinelli. Insomma, il più a sinistra ero io e il più cattivo pure. E, quasi come in un film di Sergio Leone, cerano anche il bello e il brutto: Simone Gallotti e Giovanni Giaccone, conduttore e direttore di Telecittà.
Come è andato lesame a Musso? Benissimo. Il candidato sindaco ha risposto in modo diretto e non sfuggente a tutte le domande, comprese quelle più insidiose, come quelle sul fatto che non sia affatto una priorità uno stadio nuovo per Genova. E poi, anche in privato, si è dimostrato una persona gradevole ed educata, senza tracce di arroganza. Dimostrandosi, anche in questo, un non politico.
Però. Però ha ancora margini (rigorosamente con la minuscola) di miglioramento. Fa benissimo, ad esempio, a tentare di convincere gli elettori di Stefano Zara a puntare su di lui e non su Marta Vincenzi per realizzare un programma buono anche per il popolo della sinistra moderata. Fa meno bene - a mio parere, ovviamente - a mostrare una notevole ammirazione per loperato delle giunte Pericu. Non perchè non abbiano fatto anche cose buone, in mezzo ad alcuni disastri. Ma perchè i segreti del cambiamento della città stanno molto più a piazza Colonna a Roma, dove cè Palazzo Chigi, che in via Garibaldi a Genova. Se Genova è diversa, gran parte del merito va alla marea di fondi pubblici arrivati da governi di centrodestra e di centrosinistra. Di centrodestra, soprattutto. I dati dellarticolo di Paola Setti che leggete qui a fianco sono impressionanti: la Liguria, senza il governo Berlusconi (e senza un uomo forte come Claudio Scajola a Roma, che ha gran parte del merito di quei finanziamenti, soprattutto negli anni da ministro delle Attività Produttive) è come sparita dalle priorità del governo. E quando ironizzavamo sul fatto che il solo Forcieri sottosegretario alla Difesa era uno schiaffo a tutta la regione, non lo facevamo per partito preso.
Ultima annotazione.
Dopo la testa, tocca al cuore.
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