Muti intimo per ricordare von Karajan

Emozioni col Requiem tedesco di Brahms

da Salisburgo

Dal silenzio devoto, consapevole, della folla che ha riempito la Sala Grande del Festival, sul mormorio grave dell’organo e dei violoncelli incomincia la pulsazione degli archi bassi e dell’organo che scava come in segreto il primo spazio nel nostro ascolto del Requiem Tedesco di Johannes Brahms. Un polverio scuro, una luce lontana. Poi le voci incominciano piano: «Beati coloro che soffrono, perché saranno consolati». È la mattina di Ferragosto, si celebra il grande von Karajan che compirebbe cent’anni, e che qui è stato protagonista assoluto di stagioni irripetibili. Siamo pensosi, ad aspettare se un chiarore dia sostegno ai nostri ricordi e buon conforto alle nostre irrequietezze, Brahms ci dispone davanti luteranamente versetti biblici del Nuovo e dell’Antico Testamento, e vuole farceli meditare con la verità consolante della musica. Non c’è la paura dell’abisso, non c’è la voglia di tragici rimpianti: la morte è lì, come cosa della vita, se la carne si dissecca come l’erba, se la tristezza e la fatica di accettare la morte incupiscono le nostre case, è perché ci attende l’amabile nostra vera dimora, la casa del Signore. Peter Mattei, il giovane baritono di impressionante sincerità espressiva e voce straordinaria, chiede a Dio che gli insegni che una fine dovrà esserci e l’universo pare rispondergli nella pienezza d’una fuga che nasconde sotto l’ampia severità una dolcezza intima di confidenze e promesse. Genia Kühmeier ci rassicura che saremo consolati da ogni tristezza, e sentiamo il raro miracolo di quando il soprano è una benedizione. Il coro dell’Opera di Vienna e i Wiener Philharmoniker schiudono prodigiosamente dalle mani di Riccardo Muti suoni e immagini. Alla fine, come da un rituale richiesto prima, silenzio, ma ora carico di affetti e di fidente pienezza.
Ancora Brahms chiude la giornata, e ancora la Grande Sala è piena per il concerto pur intimo di Thomas Quasthoff con Andrea Schiff. Le parole dei Lieder opera 32 con le evidenze quasi popolaresche delle contraddizioni amorose, e quelle dell’opera 33 con il ciclo della bella figlia del Re di Napoli amata dal Conte di Provenza sono arrivate al pubblico con una ricchezza meravigliosa di colori, di rapporti fra voce e pianoforte, pur lasciando la romantica semplicità che Brahms cercava travagliatamente: tanto possono due acclamati artisti fuoriclasse.

E poiché, data la grandezza umana ed interpretativa, oltre che vocale, di Quasthoff, che ci domina, non è indelicato ricordare che è un uomo gravemente danneggiato dal talinomide, pensate quanto questo concerto sia un esaltante, vittorioso inno alla vita.

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