Mutui, la Bce taglia i tassi ma le banche rallentano

L’accusa dei consumatori: "Le aziende di credito guadagnano sulla pelle di famiglie e pmi". Il trucco nascosto nei cavilli del contratto: il costo delle rate dipende da come ogni gruppo calcola l'Euribor e dalla percentuale di ricarico

Mutui, la Bce taglia i tassi 
ma le banche rallentano

Milano - Prima o poi salterà fuori che anche i mutui sono alla diossina, come i maiali irlandesi: adulterati, gonfiati, pericolosi. Per il portafoglio, ma anche per il fegato. I mutui variabili continuano a costare cari, nonostante i tassi scendano. Un po’ come la benzina: il costo della materia prima diminuisce, ma il prezzo al distributore viene ritoccato con calma e ponderazione. Nelle banche il meccanismo è più complicato, come tutto quello che succede dietro gli sportelli. Vedi e non vedi, intuisci appena la spiegazione dell’impeccabile bancario in giacca e cravatta, però quando a fine mese arriva la rata del mutuo capisci che qualcosa non torna.

Non torna soprattutto un fatto: la differenza tra tasso di riferimento Bce ed Euribor. Sono i tassi su cui si calcolano gli interessi da applicare ai mutui. Il primo lo fissa la Banca centrale europea, ed è l’interesse al quale essa concede prestiti agli istituti di credito; l’altro, invece, lo decidono i colossi bancari: è l’indice in base al quale si prestano soldi tra loro. In tempi normali l’uno rincorre l’altro e tra i due la differenza è ridotta: 0,2, massimo 0,3 punti percentuali.
Adesso, invece, la sproporzione è marcata. Gli ultimi tagli hanno fatto precipitare il tasso Bce al 2,5 per cento (era al 4,25% il 9 luglio scorso), ma l’interbancario è rimasto elevato: il più conveniente, quello a 1 mese, l’altro giorno era al 3,2 per cento; l’Euribor a 3 mesi valeva il 3,54 e quello a 6 mesi il 3,61. E qual è il tasso d’interesse su cui viene stipulata la stragrande maggioranza dei mutui variabili? L’Euribor, ovvio. In sostanza, una banca riceve denaro dalla Bce al 2,5 per cento e lo gira alla clientela al 3,5-3,6 per cento, più un’ulteriore percentuale - lo «spread» - più le commissioni di massimo scoperto applicate ai fidi alle aziende. Triplo profitto.

«Le banche continuano le loro sporche manovre sui tassi», hanno protestato ieri le associazioni Adusbef e Federconsumatori. Esse «evitano di adeguare il costo del denaro su mutui, prestiti e affidamenti alla diminuzione della Bce, lucrando ingenti profitti sulla pelle delle famiglie e delle piccole e medie imprese che non possono contare sul famigerato “tasso Fiat”. Con esasperante lentezza le banche approfittano della loro forza di mercato per danneggiare il popolo dei mutuatari e le imprese».

Elio Lannutti (Adusbef) e Rosario Trefiletti (Federconsumatori) fanno quattro conti. «È scandaloso e ingiustificato - protestano - il differenziale sui tassi praticati dalle banche italiane rispetto alla media europea che applicavano il tasso del 5,93 per cento sui mutui, con uno spread di un +0,56 (ancor più elevato del dicembre 2007 quando i tassi sui mutui erano al 5,66 e il differenziale dello 0,51). Sui prestiti personali e sul credito al consumo le banche italiane praticavano un tasso medio dell’8,30 per cento, con un differenziale superiore di ben 1,10 punti rispetto al 7,20 della media Ue». Un quarto di punto vale circa 17-18 euro nella rata mensile: l’1 per cento in più significa un aggravio tra i 65 e i 70 euro.

«Ha fatto bene il ministro Tremonti, nel decreto anticrisi, a fissare per il 2009 come riferimento il tasso Bce e non più l’Euribor - riconosce Lannutti, che è deputato dell’Italia dei Valori -. Il taglio del tasso Bce garantisce liquidità al mercato, le banche però non devono trattenere il denaro ma farlo arrivare a privati e imprese, soprattutto medie e piccole. Se il governo fa un decreto “salvabanche” deve impegnarsi perché gli istituti trasmettano la liquidità non alla Fiat ma a chi ne ha davvero bisogno». «Le banche stanno mantenendo l’Euribor artificialmente alto - aggiunge Trefiletti - e l’Antitrust dovrebbe intervenire per capire se esista un cartello tra banche».
Ma c’è una grana ulteriore che imbroglia ancor di più la matassa dei mutui. È un problema rilevato dai tecnici del servizio Bilancio della Camera che hanno redatto la relazione sul decreto anticrisi. Esso riguarda il tetto del 4 per cento sui mutui variabili fissato dal governo, che potrebbe provocare ricorsi da chi ha contratto mutui a un tasso fisso superiore a quella soglia.

«Negli ultimi anni, quando si diffuse il panico per l’impennata dei tassi, centinaia di migliaia di risparmiatori scelsero il tasso fisso - spiega Trefiletti - e oggi si trovano rate calcolate al 6, 6 e mezzo per cento. Sono loro che rischiano la fregatura maggiore». E che cosa si può fare? «Al governo chiediamo che tenga duro sulla rinegoziazione dei mutui.

Non ci devono essere cedimenti sui provvedimenti che facilitano la portabilità e la ricontrattazione: chi ha sottoscritto un mutuo a tassi che oggi sono fuori mercato deve avere la possibilità di ridiscutere il finanziamento a condizioni più favorevoli senza spese. Le norme esistono già, non bisogna toccarle, anzi se possibile rafforzarle».

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