Camorra, ecco come i clan si sono spartiti Napoli

Oltre che economico è un "fenomeno di massa". Ecco come è suddivisa e agisce la camorra a Napoli

Camorra, ecco come i clan si sono spartiti Napoli

È stata presentata all'Università Federico II, durante il convegno "La città e la camorra - Napoli e la questione criminalità ", una mappa per capire e studiare il fenomeno della malavita organizzata nella città partenopea. Il documento è stato stilato dalla procura di Napoli congiuntamente con carabinieri, polizia e guardia di Finanza. Il colore predominante è il rosso che sta a indicare l'Alleanza di Secondigliano. Questa è formata dalle famiglie camorristiche storiche dei Licciardi-Mallardo-Continui e Bosti. Ci sono poi delle chiazze gialle associate, invece, ai clan della galassia dei Mazzarella. Inoltre sono attive anche numerose famiglie indipendenti, che non fanno parte di alcuna intesa ma allo stesso tempo, nella maggior parte dei casi, hanno contatti stretti con l'Alleanza. Le famiglie principali in questo caso sono Bacoli e Caivano.

Mappa criminalità Napoli

La suddivisione della città

Napoli, come detto, è quasi interamente sotto il controllo dell'Alleanza di Secondigliano. Le zone comandate da questa sono: Scampia, Secondigliano, Miano, Piscinola, Vomero, Fuorigrotta passando per Ponticelli, l'Arenella e San Pietro a Patierno.

A restare sotto l'influenza del cartello dei Mazzarella è il centro antico della città. Quello della Stella, del Mercato, della zona di Chiaia e dei comuni di Portici e San Giorgio a Cremano.

Infine, piccoli gruppi autonomi si affrontano per il dominio dei traffici illegali dei comuni di Cardito, Crispano, Frattamaggiore e Frattaminore.

"Spesso dei fenomeni criminali di grande rilievo e complessità è fornita una rappresentazione banalizzante e fuorviante. Una banalizzazione che riduce la questione criminale a una questione di ordine e sicurezza pubblica relegandola negli angusti confini della repressione, deresponsabilizzando il complesso delle politiche pubbliche che invece sono chiamate a fare da argine", denuncia Giovanni Melillo, procuratore capo di Napoli. Il magistrato aggiunge: "Questa sottovalutazione ci ha impedito a lungo di scorgere la dimensione di questi cartelli". Anche perché si sente parlare spesso di "infiltrazione mafiosa" quando non ormai non si tratta più di un'infiltrazione ma di una vera e propria struttura, da abbattere.

"La camorra agisce come formidabile settore di alimentazione finanziaria e di mediazione dell'ordinario sistema d'impresa", conclude Melillo. Non è semplicemente un contenitore di violenza urbana, come spesso tanti credono, ma un sistema di reati tanto pericolosi quanto redditizi: inquinamento di aste giudiziarie, truffe assicurative telematiche, controllo del ciclo dei rifiuti, appalti nel settore della sanità e via dicendo.

Un fenomeno di massa

Quando si pensa alla camorra, non si può però ridurre il tutto a un semplice fenomeno economico perché, oltre questo, di pari importanza è il suo essere un fenomeno di massa. A spiegarlo è Isaia Sales, scrittore e docente universitario, il quale afferma: "Dobbiamo tenere insieme sempre i due aspetti; per l'Alleanza di Secondigliano l'aspetto imprenditoriale del crimine camorristico era noto ormai da vent' anni. Il fatto è come si concilia questa parte imprenditoriale con una camorra di massa, ed è questo il problema - continua Sales - che la città deve affrontare perché ci sono tantissime attività imprenditoriali illegali che richiamano una base di massa. Il fatto è questo: la camorra non è solo impresa, ma anche base di massa".

Durante il convegno, relativamente al problema, è intervenuto anche il sindaco della città Gaetano Manfredi: "L'assuefazione è il grande male della città. Per difendersi dalle infiltrazioni è fondamentale una cittadinanza attiva da parte di tutti, perché spesso anche le piccole illegalità che tolleriamo sono indice di un'illegalità più diffusa".

Anche per questo il mondo accademico e universitario può dare un aiuto non indifferente per il

contrasto alle mafie. In proposito, come riporta il Corriere del Mezzogiorno, è stato firmato un protocollo d'intesa tra il Lirmarc della Federico II (Laboratorio interdisciplinare di ricerca sulle mafie e la corruzione) e la procura di Napoli.

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