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Napolitano: «Un bel clima» E la Sensi piange per l’addio

Il Capo dello Stato si congratula: «Segnale positivo per il calcio italiano». Incontra il ct Donadoni: «Ammiro la sua flemma». Spalletti: «Miglioriamo l’inglese». Mancini non ritira la medaglia. Totti: «Quest’anno loro poco più forti»

da Roma

È Francesco Totti, nel ruolo di capitano non giocatore, ad alzare la Coppa ricevuta dalle mani del presidente Napolitano. «Quest’anno abbiamo trovato una squadra un po’ più forte di noi, un poco…», dice. Le immagini dell’ultimo atto della stagione sono tutte nella festa dell’Olimpico colorato più di giallorosso che di nerazzurro, nella gioia dei calciatori e di Spalletti (tre trofei in un anno con la sua Roma), nelle lacrime di Rosella Sensi che i giocatori fanno volare in aria. La Coppa Italia sarà forse l’ultimo trofeo conquistato sotto la gestione del papà, visto che la prossima settimana potrebbe arrivare il sì del magnate Soros all’acquisto della società (l’ennesimo comunicato di smentita di Italpetroli era obbligato, ma non cambia la sostanza delle cose). «Dobbiamo cominciare a migliorare l’inglese…», dice con il sorriso Spalletti. Una frase che vale più di altre spiegazioni. «Questa coppa è per mio padre, che vuole vincere sempre, e per tutti i tifosi della Roma – dice un’emozionata Rosella Sensi -. Vittoria importantissima come uno scudetto».
In città c’era troppa voglia di festeggiare dopo la delusione scudetto. Però, prima della partita, c’è stato qualche momento di tensione. Lancio di bottiglie, fumogeni e petardi hanno causato l’intervento della polizia: fermati sei teppisti, arresto per tre di loro. Spalletti aveva altro cui pensare: «I ragazzi hanno dato battaglia fino all’ultimo, la gara è stata in bilico e poi qualcuno prevale sempre sull’altro, complimenti a tutti. Ogni tanto quando ci comportiamo bene, alziamo una Coppa». Mancini non parla, non ha ritirato la medaglia (nessuna polemica) e liquidato l’argomento di un incontro a breve con Moratti con un «Non so quando ci vedremo, ora voglio solo andare a casa». Chiaro il pensiero di Zanetti: «Abbiamo fatto una buona partita e tutto quello che potevamo contro un’ottima Roma. È stata una gara corretta e soprattutto una lezione di sport e lealtà».
La serata dell’Olimpico è speciale anche per la presenza del capo dello Stato Giorgio Napolitano. «È un grande evento italiano che vede protagoniste due grandi squadre», il giudizio del presidente della Repubblica, favorevolmente impressionato dal clima dello stadio. «È un bel segnale per tutto il calcio italiano. Io mi definisco un tifoso dell’Italia e tutto quello che contribuisce al prestigio del nostro Paese mi coinvolge. Il mio rapporto col calcio? Ero tifoso, allora, di Maradona e di quel Napoli. Ma non ho molto tempo per venire a vedere le partite». E sull’ingente schieramento di forze dell’ordine dice: «Si usano queste definizioni, si parla di città blindata, la polizia prende le misure che ritiene necessarie per garantire i cittadini, anche quelli che vengono allo stadio. L’importante è il comportamento del pubblico, molto composto».
Nella saletta autorità Napolitano ha incontrato il ct azzurro Donadoni. «Apprezzo la sua flemma», dice il capo dello Stato. E al presidente federale Abete, che lo invitava ai prossimi Europei, Napolitano ha risposto: «Non so se riuscirò a venire, ho molti impegni all’estero. Ma il vostro invito per il 29 giugno, giorno della finale, significa che pensate di arrivarci». Poi incontro con l’ad dell’Inter Paolillo e la sorella del presidente Moratti, Bedy, che gli hanno regalato un libro sui 100 anni di storia nerazzurra.

Sfogliandolo il presidente ha notato una foto di Meazza: «Era un grande campione, quelli della mia età se lo ricordano bene».

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