Napolitano: "Chi mi critica non conosce la Carta"

Napolitano: "Sulle intercettazioni bisogna cercare una soluzione condivisa, banco di prova per un confronto civile". Sul dl sicurezza zittisce Di Pietro: "La lettera è una prerogativa della Carta. Meglio una piuma che un inutile rotear di scimitarra"

Napolitano: "Chi mi critica non conosce la Carta"

Roma - Chiude con le intercettazioni. "Un problema di revisione delle regole esiste ed è la premessa per cercare di arrivare a regole condivise". Lo ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rispondendo, durante la cerimonia della consegna del Ventaglio della stampa parlamentare al Quirinale, a una domanda sulla riforma del sistema delle intercettazioni. Per Napolitano, il rinvio a settembre dell’esame del ddl intercettazioni del governo al Senato è stato "opportuno". Propio alla ripresa dell’iter parlamentare della legge "occorre spirito di apertura e senso della misura" e ha definito una buona premessa per giungere a soluzioni equilibrate il riconoscimento da parte dei giornalisti che in alcuni casi sono stati commessi degli abusi. A chi gli chiede della tregua tra maggioranza e opposizione il presidente risponde: "Ho parlato di tregua una sola volta, in occasione del G8 trattandosi di un evento internazionale. Sono convinto di aver fatto il mio dovere".

Il dl sicurezza Quindi l'argomento caldo degli ultimi giorni: la promulgazione del dl sicurezza con la lettera inviata contestualmente a governo e Camere. "Sulla sicurezza c’è stata una promulgazione a tutti gli effetti, accompagnata con una lettera in cui c’erano delle valutazioni critiche. A chi ha criticato questa modalità consiglio di andare a rileggere il libro 'Lo scrittoio del Presidente', scritto da Luigi Einaudi, in cui lui stesso si rivolgeva al ministro del Tesoro di quell’epoca. È stata una strada dunque imboccata molte volte in passato" ha detto Napolitano.

Zittisce Di Pietro Poi un messagio diretto ad Antonio Di Pietro, che lo ha accusato di essere stato troppo generoso con il governo. "Chi invoca polemicamente e di continuo - ha detto Napolitano - poteri e persino doveri di intervento che non ho, mostra di aver compreso poco della Costituzione e della forma di governo, non presidenziale, che essa ha fondato. Questo rilievo - ha puntualizzato Napolitano - non tocca i tanti, semplici cittadini o soggetti collettivi, che scrivono e si rivolgono al presidente per richiamare la sua attenzione su situazioni e problemi che meritano e da me sempre riceveranno comprensione e sostegno". Il compito del Quirinale "consiste nel rispettare la Costituzione, nel contribuire a farla vivere, nel richiamare i suoi valori, i suoi principi e le sue regole. A qualche fiero guerriero sembra che io lo faccia con la piuma d’oca: sempre meglio, si potrebbe dire, che un vano rotear di scimitarra".

Un appunto alla maggioranza E un appunto alla maggioranza: "La tesi dell’improprietà o arbitrarietà di ogni espressione di dubbi, perplessità, preoccupazioni che non avvenga attraverso il solo canale dei messaggi formali al parlamento, non poggia su alcun fondamento costituzionale ed è smentita da un numero tale di precedenti che non può reggere".

Il caso Borsellino Le rivelazioni rese note nei giorni scorsi a proposito di una pista che porterebbe al coinvolgimento di apparati dello Stato nelle stragi di mafia del 1992 in cui persero la vita, fra gli altri, i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, "sono più o meno senzazionalistiche e provengono da soggetti, diciamo così, piuttosto discutibili" ha detto il presidente della Repubblica con evidente riferimento alle dichiarazioni di Totò Riina. Subito dopo, il capo dello Stato ha distinto tra queste e le dichiarazioni rese da alcuni collaboratori di giustizia. "Altra cosa - ha detto - sono le testimonianze che si acquisiscono in sede giudiziaria e lì vanno vagliate, lì se c’è un velo di oscurità o di ambiguità da squarciare bisogna squarciarlo".

Sulla credibilità dei "pentiti" che sostengono questa tesi Napolitano ha detto di non potere fare valutazioni. "Tutti i collaboratori di giustizia in partenza - ha detto - non godono di credibilità. Ma io non sono in grado di valutare. Lasciamo fare ai magistrati il loro lavoro".

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