Napolitano dice qualcosa di leghista: sì al federalismo per l’unità del Paese

nostro inviato a Verona

Riforme. Subito, partendo dal federalismo fiscale, «una legge che va completata». E così bastano poche parole per far scattare il feeling tra Giorgio Napolitano e la Lega. «Le condizioni nel Paese - spiega il capo dello Stato - sono obiettivamente maturate. Non sprechiamo l’occasione, questa può essere la legislatura riformatrice».
Il presidente parla alle otto di sera a piazza Bra, nella sede del Comune. Quando venne Scalfaro, nel 1997, Flavio Tosi era in piazza a contestare. Ora indossa la fascia di sindaco e si spella le mani quando sente Napolitano dire che «l’unità nazionale è un valore che deve richiedere come condizione lo sviluppo di tutte le componenti autonomistiche». Insomma, «non c’è antagonismo tra federalismo e unità, non c’è contrasto tra il concetto di coesione del Paese e quello di un rafforzamento delle autonomie».
Completo blu, scarpe nere, fascia tricolore. Vestito così, Flavio Tosi, non lo aveva visto nessuno. «Guarda, ha pure la cravatta», dicono oltre le transenne. Qualcuno addirittura lo fotografa. «È la prima volta che la metto - racconta il sindaco -. Ero così elegante solo il giorno del matrimonio». Per l’occasione, ha persino rimesso al suo posto la foto di Napolitano, che aveva tolto tre anni fa. «Pensavo che fosse uomo di parte. Mi sbagliavo, è il presidente più equilibrato della nostra storia». Euforico anche Luca Zaia, ministro dell’Agricoltura e neo governatore del Veneto. «E certo che sono felice - spiega -. Sul federalismo il capo dello Stato è dalla nostra parte e per noi questo è un raggio di sole».
Accolto come un doge dai nuovi padroni del nord, Giorgio Napolitano riceve un bagno di folla insperato solo qualche tempo fa. Dopo le Regionali, a campagna elettorale finita, la macchina si è rimessa in moto e Napolitano è impegnato dietro le quinte in un difficile lavoro di cucitura. Se l’altro giorno ha visto Roberto Calderoli, ieri mattina prima di partire ha incontrato Luciano Violante. La strada è stretta, le posizioni ancora divaricate. Napolitano consiglia perciò di partire da quei pezzi di riforma «già condivisi».
Ad esempio la bozza Violante. Oppure, un’accentuazione del federalismo. Anche quello fiscale, perché no? «Bisogna fare dei passi avanti. Occorre proseguire il cammino rafforzando l’ordinamento federale perché ci sono stati ritardi, insufficienze e delusioni nella costruzione di uno Stato non più centralistico. Non possiamo continuare ad avere un sistema che appiattisce la distribuzione delle risorse».
No, non è Bossi che parla, è Giorgio Napolitano. Ma questa posizione, dice, non è una novità. «Non sono idee di questo momento, né successive alla mia elezione al Quirinale. L’ho sempre pensato». Avanti, quindi, anche sulle questioni più spinose. Come appunto il federalismo fiscale, «che va completato e accompagnato a tante altre misure». Non è questione di mezzogiorno o settentrione, perché «le colpe della politica su sprechi e inefficienze ci sono a Sud e a Nord». E allora «si devono valorizzare le autonomie in un quadro unitario sia a livello regionale che nazionale». Il tutto, conclude il capo dello Stato, «seguendo un percorso il più possibile condiviso».
Zaia gongola. «Siamo molto soddisfatti. Anche per il presidente della Repubblica il federalismo è la via di uscita. Del resto, chi conosce Napolitano sa che è capace di discorsi coraggiosi. È stato duro con il Sud a proposito degli sprechi e delle cattive amministrazioni, è duro pure con noi quando ci invita a non essere egoisti». Identità completa, dunque. «Ha ragione da vendere quando dice che non c’è antagonismo tra unità e federalismo».

C’è forse una questione di schei: «Noi veneti siamo per il federalismo solidale e infatti versiamo 12 miliardi l’anno alla causa comune. Dicono che siamo la locomotiva d’Italia? E allora ci diano il carburante». Felice anche Tosi: Napolitano gli ha promesso che gli regalerà una cravatta.

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