nostro inviato a Modena
Basta con gli «arroccamenti», finitela con «i vecchi schemi e le logiche puramente difensive», abbandonate «visioni e conquiste del passato». E soprattutto basta con la faziosità, quel batterio che avvelena i pozzi della vita politica e sociale italiana e che ha ucciso pure Marco Biagi. A Modena per rievocare il giuslavorista e la stagione dei riformatori ammazzati dalle Brigate Rosse, Giorgio Napolitano sferza il Palazzo che pensa solo a litigare e che «non riesce a liberarsi dallo spirito di parte» ma dà pure una bella pettinata contropelo al sindacato. Basta con le chiusure, insiste, perché lItalia è cambiata e di fronte a questi «mutamenti obbiettivi innegabili», serve «un rinnovamento del sistema delle garanzie e delle tutele». Sono, queste, «scelte ineludibili di riequilibrio».
La crisi insomma va combattuta, spiega il capo dello Stato, seguendo la strada indicata da Marco Biagi, Massimo DAntona e Ezio Tarantelli, e cioè «con un sereno riequilibrio del mercato del lavoro». Va bene discutere, va bene pure polemizzare. Poi però bisogna mettersi daccordo e «fare uno sforzo comune» per affrontare «i problemi nuovi e quelli ancora attuali» del Belpaese. «Il punto di riferimento e di incontro dovrebbe consistere nella consapevolezza, da diffondere finalmente nel mondo del lavoro, dellesigenza di uscire da logiche puramente difensive, di non farsi guidare da vecchi riflessi darroccamento» pavloviani. Sarebbe «un segno di maturità della nostra vita democratica che aspettiamo da troppo tempo». Invece, purtroppo, siamo ancora «faziosi».
Ecco, la faziosità, la parola chiave di tutto il discorso di Napolitano a Modena. La faziosità che ha ammazzato Biagi. «Egli è stato vittima della criminale aggressività del terrorismo brigatista, ma ha pagato anche, e prima, per lo spirito di parte che da tempo avvelena la lotta politica e sociale nel nostro Paese». La faziosità di parte del sindacato dunque e di chi ha «impedito ogni riconoscimento obbiettivo del valore di ricerche e proposte portate avanti da Biagi con lo stesso disinteresse e indipendenza di giudizio in due diverse fasi politiche». La faziosità che ancora blocca la crescita italiana, «uno spirito che impedisce di vedere e apprezzare gli elementi di continuità che si possono presentare nellazione di governo». Tutto ciò proprio nel momento in cui servirebbe invece un cambio di passo, «uno sforzo comune, una convergenza» larga.
Concetti duri, sia pure avvolti in un linguaggio che è necessariamente felpato e diplomatico, visto il ruolo di chi parla. Ma sono parole che riaprono la vecchia polemica sulla rigidità della Cgil allepoca della morte di Biagi e che si innestano sulla più recente spaccatura del fronte sindacale e sui progetti di cambiamento della legge sul diritto di sciopero. Guglielmo Epifani le ascolta in platea e non vuole sentirsi sul banco degli accusati. La sua organizzazione, sostiene, non rifiuta mai idee o accordi a scatola chiusa. «La Cgil quando dice no deve dire anche cosa bisogna fare, quindi si misura sempre con le altre proposte; ma il sì-no è un giochetto che non funziona». Poi però dice di apprezzare lintervento del presidente: «Ho trovato particolarmente importante il richiamo ad operare riforme nel campo delle tutele e delle garanzie per coloro che ne sono privi».
Nel pomeriggio Napolitano è a Fiorano dalla Rossa. «Lorgoglio di italiano che sentite voi lo provo anchio - dice ai tecnici e agli operai della Ferrari - e quando vedo stabilimenti come questo si rafforza il mio ottimismo. Il mio lavoro è un po diverso dal vostro, a credo che richieda la stessa fiducia nellItalia, lo stesso amore e la stessa volontà di lavorare insieme per uscire dalla difficoltà del momento». Si chiude con un giro di pista su una Scaglietti 612 grigia. Guida Luca di Montezemolo, Napolitano è al suo fianco, Kimi Raikkonen e Felipe Massa si siedono dietro.
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