Il binario 21 è ancora lì. Stazione Centrale, ala di via Ferrante Aporti. Cè anche lei, Liliana, che tredicenne partì dal gelido sotterraneo per il viaggio verso linferno. Una dei venti sopravvissuti sulle 605 persone che il 30 gennaio 1944 iniziarono il viaggio verso il nulla, destinazione Auschwitz.
Giorgio Napolitano labbraccia e la ringrazia della sua testimonianza, di quel suo intervento commovente e vivo nel luogo della vergogna. Cinque, forse sei minuti dassaggio di quellinferno privato e collettivo di una ragazza che «nel campo di sterminio lascia per sempre la mano del padre e i suoi sogni, perché lì, ad Auschwitz, allimprovviso sono diventata vecchia». Testimonianza emoziante salutata da un lungo e caloroso applauso, con il presidente della Repubblica in piedi. Che sceglie di non intervenire, di far chiudere alla testimonianza di Liliana Segre la cerimonia di presentazione di quello spazio di via Ferrante Aporti che, da oggi, sono luogo di ricordo e di omaggio.
Poi, uno stringato commento dettato ai cronisti: «Da questa Milano antifascista, erede della Milano dei lumi e della tolleranza, è bello ricordare che anche un luogo del vivere quotidiano di una grande città è stato teatro di un grande orrore». Già, il binario 21 e quei seimila metri di spazio circostante, oggi dismessi, erano utilizzati per il carico e lo scarico dei vagoni postali. Ma quel «luogo del vivere quotidiano» dal 1943 al 1944 divenne «luogo invisibile» dove stipare gli ebrei nei vagoni piombati, nei treni merci che li avrebbero portati alla morte. «Noi celebreremo tra pochi giorni in tuttItalia e anche al Quirinale la Giornata della Memoria, rinnoveremo così lomaggio alle vittime del disegno criminale di sterminio perseguito dalla Germania nazista» ricorda quindi Napolitano.
Virgolettati rotti dalla commozione, come quelli pronunciati dal sindaco di Milano certa che «un simbolo di barbarie e di vergogna, il tristemente famoso binario 21 diventa simbolo di una Milano migliore e di dialogo». Sì, «una Milano migliore e di dialogo» afferma Letizia Moratti perché «questa situazione era invisibile e lì nellorrore e nel silenzio partirono i convogli». Il cupo rombo dei treni interrompe il primo cittadino che parla di una città indifferente in quel tempo di morte e di disvalori, ma è proprio da questa lezione di morte che nasce quella della vita: con un memoriale «che ricorderà il male dei pochi, il dolore dei molti, utili per credere nel bene di tutti».
Come dire: una comunità umana «deve sapere affrontare il passato per affrontare il proprio presente e il futuro». Riflessioni in un silenzio assordante, rotto solo dal cupo rombo dei treni che passano al di sopra di questo sotterraneo.
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