Napolitano striglia i giudici: basta processi-show

Napolitano striglia i giudici: basta processi-show

da Roma

Basta con i «processi-spettacolo», finitela con gli show dentro e attorno le aule giudiziarie, piantatela pure con quella gogna mediatica che sono le intercettazioni, soprattutto quando coinvolgono «persone terze» e la loro vita privata. Basta insomma con il giustizialismo, i Savonarola, le forche in piazza e i verbali hard sui giornali. «Serve più equilibrio», tuona Giorgio Napolitano, perché bisogna tutelare «i diritti dell’individuo» e la sua privacy.
Questo, in pillole, il senso del messaggio del capo dello Stato al convegno torinese sul giusto processo in onore di Vittorino Chiusano. «Parole che il presidente pronuncia da anni e non sono dirette a nessuno in particolare», precisano dal Colle. Ma in realtà, per capire chi è l’obbiettivo dell’appello, è sufficiente leggere alcune reazioni. Come quella risentita ma istituzionale dell’Anm: Napolitano ha ragione, «però va tutelata anche la dignità dei magistrati italiani titolari di indagini delicate» bersaglio di «aggressioni ingiustificate e volgari». O quella più fuori dei denti di Antonio Di Pietro: «Si può avere il massimo rispetto per il presidente e allo stesso tempo restare colpiti e amareggiati dalla sua presa di posizione a senso unico. Il capo dello Stato dovrebbe dire ben altre cose».
Del resto le frasi scelte da Napolitano non lasciano spazio a dubbi. «Nel momento in cui si riscontra una tendenza alla spettacolarizzazione dei processi - scrive infatti nel messaggio - connotata anche dalla divulgazione di notizie attinenti a terzi estranei alle vicende che ne costituiscono oggetto, occorre recuperare equilibrio per assicurare il rispetto della dignità e del decoro delle persone coinvolte». Bisogna, prosegue il capo dello Stato, seguire l’esempio di Chiusano, «che seppe coniugare, con responsabilità e senso del limite, la difesa del diritto all’informazione con la tutela del diritto dei cittadini a vedere salvaguardata la loro riservatezza».
Il «rigore intellettuale» di Chiusano, conclude, deve rappresentare uno «stimolo formativo per chi a vario titolo opera nel settore giudiziario» e uno «spunto rilevante per la elaborazione di condivise modifiche al sistema normativo vigente». Come dire: una riforma del meccanismo delle intercettazioni non è solo necessaria ma pure urgente e deve essere fatta con un largo accordo parlamentare. Non è più accettabile vedere sbattute in prima pagina le conversazioni di chi non è nemmeno coinvolto nelle inchieste.
E non è certo la prima volta che Giorgio Napolitano invita i giudici a non trasformarsi nei presentatori di uno show televisivo e a non indulgere alla «voglia di protagonismo». Una posizione, spiegano al Quirinale, «ben nota e da tempo messa nero su bianco». Forse non sarà neanche l’ultima. Il primo agosto 2006, nel suo discorso dopo l’elezione del vicepresidente Nicola Mancino, il capo dello Stato chiese ai magistrati «riservatezza ed equilibrio». Il Consiglio superiore, aggiunse, ha il compito di tutelare i magistrati «da ogni forma di delegittimazione» ma anche di «richiamarli a non discostarsi dall’osservanza del loro codice etico».
Il sei giugno 2007, intervenendo al plenum di Palazzo de’ Marescialli, sostenne che nei provvedimenti non devono essere inseriti «riferimenti a persone estranee, non necessari per la motivazione» perché i magistrati devono esercitare «accortamente» la loro funzione. Il 27 luglio 2007, in un saluto al Csm in occasione della nomina del primo presidente della corte di Cassazione, richiamò le toghe alla «massima riservatezza», chiedendo di non inserire negli atti processuali «valutazioni e riferimenti non pertinenti». Il 30 dicembre 2007 invitò politici e magistrati di «evitare di accendersi di una deleteria spirale». Il 12 maggio di quest’anno, durante un incontro al Quirinale con i giovani magistrati, precisò che giudici e pm non devono «cedere ai protagonismi e alle esposizioni mediatiche».

E infine il 14 febbraio 2008 parlando al Csm citò un intervento del garante per le comunicazioni contro la «tecnica della spettacolarizzazione dei processi» che porta la tv a «sovrapporsi» alla giustizia. In attesa della prossima puntata.

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