da Roma
Papa Benedetto XVI varca per la seconda volta il portone del Quirinale, e nel riceverlo, il presidente Giorgio Napolitano lancia l’allarme razzismo utilizzando citazioni di un discorso dello stesso pontefice. L’inquilino del Colle parla di dialogo e di collaborazione, Ratzinger risponde assicurando che non c’è da temere dalla Chiesa e dai suoi membri alcuna «prevaricazione ai danni della libertà».
Cerimoniale di Stato per una visita che avviene in una Roma dove si alternano scrosci di pioggia e improvvise schiarite. Il Papa si ferma prima a piazza Venezia, per ricevere l’omaggio del sindaco Alemanno (che non riesce ad aprire la portiere dell’auto papale, bloccata da un contatto elettrico), quindi fa il suo ingresso al Quirinale. L’incontro a tu per tu con il presidente nello studio alla Vetrata si protrae per oltre mezz’ora, mentre in un’altra sala si incontrano la delegazione vaticana, guidata dal Segretario di Stato Bertone e quella italiana, guidata dal premier Berlusconi, che hanno avuto modo di parlare a quattr’occhi per qualche istante prima dell’arrivo dei rispettivi seguiti. Sia ne primo che nel secondo colloquio si fa cenno il tema della parità scolastica e del sostegno alle scuole non statali, legati a quella che il Pontefice ha chiamato «emergenza educativa». Ma ci sono anche i temi internazionali, soprattutto la situazione nel Caucaso e il ruolo della Russia, la situazione del Medio Oriente e dei cristiani che vivono lì, le persecuzioni in India, i flussi migratori dalle aree più povere del mondo, le ripercussioni della crisi economica internazionale. Poi, Benedetto XVI s’intrattiene con la signora Clio Napolitano, che - forse per spegnere improbabili nostalgie - assicura al Pontefice che il Quirinale è un palazzo scomodo, dove non si vive bene. Infine, nel Salone delle Feste, i due discorsi ufficiali. Napolitano dice di condividere il «costante, vigile richiamo» del Papa «a principi di giustizia nella distribuzione della ricchezza e delle opportunità di sviluppo, di fronte al premere delle disuguaglianze e della povertà». Poi sottolinea l’importanza della coscienza e della pratica «della solidarietà», anche di fronte all’immigrazione, e riecheggia le espressioni usate da Ratzinger il 18 agosto scorso sul «superamento del razzismo» e sull’allarme per il registrarsi «in diversi paesi di nuove manifestazioni preoccupanti», mentre nulla può giustificare «il disprezzo e la discriminazione razziale». Parla pure di «emergenza educativa», definendo «una comune responsabilità» il suo superamento. E conclude - uno degli aspetti più innovativi del suo discorso - dicendo che l’Italia può contare sempre di più sul generoso contributo «dei movimenti laicali ispirati al messaggio» del Papa.
Benedetto XVI, dopo aver ricordato come la Questione romana sia stata chiusa in modo «irrevocabile» e dunque appartenga a un passato ormai sepolto, parla dell’educazione dei giovani, dicendo che la Chiesa «si sente coinvolta», insieme «con la famiglia e la scuola». Quindi rassicura il presidente: «la Chiesa non si propone mire di potere, né pretende privilegi», il suo solo scopo è «servire l’uomo», ispirandosi all’esempio di Gesù». Ma, «per portare a compimento questa sua missione, la Chiesa ovunque e sempre deve poter godere del diritto di libertà religiosa, considerato in tutta la sua ampiezza» e che dunque non può essere limitata al solo «libero esercizio del culto».
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