Soleva dire sorridendo sornione e battendosi il petto che lì aveva tutta Milano. «Lì» infatti era la tasca interna della giacca dove teneva il taccuino con i nomi dei confidenti. Ma anche le foto dei ricercati, per non scordarsene mai. Era una città, e un Paese, in bianco e nero, e lui era Mario Nardone, mitico, mai aggettivo fu più appropriato, capo della Mobile. A cui ora la Rai dedica uno sceneggiato di sei puntate di cento minuti ciascuna. Le riprese, sotto la regia di Fabrizio Costa, inizieranno tra un paio di mesi, in una Milano ricostruita a Belgrado. Il poliziotto verrà interpretato dallattore napoletano Sergio Assisi.
Avellinese di origini contadine, trasferito al nord per aver denunciato dei colleghi infedeli, Nardone «inventò» la polizia moderna. In strada si cantava «777 (il numero della questura) fanno ventuno, arriva la volante e non cè nessuno» ma quando arrivò lui, la «ligera» iniziò ad avere vita dura.
Faccia triste, elegante, baffetti «meridionali», legò vita e carriera alla città: funzionario, dirigente, infine questore.
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