Roma

Natura, cavalli e inquinamento per gli stilisti in erba delle Accademie romane

Al Derby delle Capannelle «Colazione da Tiffany», con gli abiti dell'Accademia Koefia. E all'Acquario romano il Final Work dell'Accademia di Costume e moda, tra falene, macchie di petrolio e piramidi maya.

Le Accademie di moda romane si mobilitano in questa primavera all'insegna della natura.
Se la Koefia punta sul connubio fashion-cavalli, al Derby delle Capannelle, l'Accademia di Costume e moda partecipa con il Final work dei suoi allievi al progetto «Come natura comanda e progetta», all'Acquario romano.
All'ippodromo di Capannelle l'Accademia di Moda Koefia organizza, che ogni stagione in occasione del Derby di primavera, una sfilata a tema, presentando una collezione realizzata dagli studenti del III° anno di corso.
Sono creazioni d'Alta Moda ispirate alla tradizione che ha fatto dell'Italia il simbolo d'eleganza e di stile, di cui l'ippodromo e il suo pubblico sono stati protagonisti.
Quest'anno il tema della sfilata è stato «Colazione da Tiffany», con 30 capi ispirati, al film cult del 1961 e allo stile intramontabile dell'attrice Audrey Hepburn.
E infatti, al centro della sfilata c'è la petit robe noire, l' abitino nero che si può indossare in tutte le occasioni. É un capo d'abbigliamento che è entrato nel guardaroba di tutte le donne, decretando un stile nuovo di vivere la vita.
Elegante, comodo, semplice, neutro, ampia base per l'accessorio, utile sia per le occasioni di routine che per le occasioni più mondane, una vera rivoluzione per la moda del tempo che ancora soffriva di retaggi ottocenteschi.
È il 1926 quando Chanel inventa il tubino nero, abito dalle forme semplici e dalla linea dritta: questo capo entrò talmente tanto nella storia della moda dei primi anni del secolo che alcuni esemplari verranno battuti all'asta da Christiès nel 1978 per 3000 dollari.
Da questo momento, lo troviamo presente in tutte le collezioni dei più moderni ed importanti stilisti del mondo.
Sono 30 i piccoli tubini neri che gli stilisti della Koefia hanno creato per l'occasione. Ognuno di loro porta con sè una novità, un particolare che lo distingue dall'altro.
La sfilata ha voluto valorizzare la semplicità della creazione ed allo stesso tempo evidenziare lo stile che spesso sta nella semplicità delle cose.
Ma veniamo al Final Work dell'Accademia di Costume e della Moda, che s'inserisce in un progetto che riunisce professionisti e istituti di formazione per la moda, il design e la fotografia, per rappresentare il tema della creazione di abiti, oggetti e immagini partendo da processi naturali.
L'Accademia di Costume e di Moda ha presentato gli abiti di Ilaria Vallone, Chiara Aversano, Valeria Onnis.
Sono alcune delle giovani stiliste del Final Work 2010 che, coordinate da Liliana Tudini, hanno sfilato a febbraio nel calendario ufficiale di Altaroma.
Ilaria Vallone per realizzare il tessuto dei suoi abiti ha lavorato con l'acqua e la lana cercando una materia prima nuova ma antica:il feltro.
E questo masteriale l'ha messo al servizio di una donna glamour ,che non rinuncia alla propria silhouette.
Ha impastato, come si fa per la cartapesta, dopo aver deciso di ricreare un'immagine naturale, quella di certe superfici alterate dal gelo e dall'inquinamento. Ha usato la tecnica di pressione e arrotolamento con energia.
Sui suoi abiti rivive l'incubo del disastro ambientale per l'enorme macchia di petrolio contro la quale si combatte negli Stati Uniti.
Infatti, per riprodurre la trasparenza dell'acqua macchiata dal petrolio la giovane stilista ha distribuito sull'organza brandelli di lana merinos come pennellate.
Chiara Aversano, invece, ha lavorato di notte in preda ad un'ossessione, l'ossessione per le falene,le farfalle notturne.
I loro colori, il rumore del battito d'ali, la consistenza opaca dei loro corpi compaiono sulle sue creazioni.
Le immagini notturne sono state trasformate nel ricamo fatto con brandelli di pelliccia tinta e lana che delineano tutta la forma dell'abito stesso.
Infine, Valeria Onnis, con la geometria dell'abito, realizzato in lana e feltro per accentuarne la consistenza.


Sono creazioni che ricordano le suggestioni delle piramidi maya a gradoni e le altre costruzioni di quei luoghi fuori dal tempo che sopravvivono in Messico.

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