Naufraga il piano anti-crisi: schiaffo della Camera a Bush

Repubblicani e democratici contro il pacchetto da 700 miliardi. Il presidente ora cerca una nuova strategia

È stata una giornata storica, certo drammatica, quella di ieri a Capitol Hill e Wall Street. La Camera degli Stati Uniti ha bocciato - con 228 voti contro e 205 a favore - il piano di salvataggio di 700 miliardi di dollari creato per arginare la grave crisi dei mercati finanziari, incurante dell’appello del presidente George W. Bush di «inviare un segnale forte» di fiducia in casa e all’estero.
L’attuazione del pacchetto significherebbe il più imponente intervento nei mercati nazionali del governo americano dai tempi della Grande depressione degli anni ’30. Soltanto domenica, il Congresso di Washington aveva trovato un accordo e dato il via libera alla votazione di ieri, che avrebbe dovuto essere seguita da quella al Senato, mercoledì. I leader della Camera, in un disperato tentativo di salvare il piano, hanno mantenuto la sessione aperta 40 minuti più del previsto. Poi, rassegnati davanti all’evidenza, hanno messo fine alla votazione. Una nuova sessione si terrà nelle prossime ore.
Durante il voto, in diretta tv, quando i numeri indicavano ormai una sconfitta del piano paracadute, i mercati hanno iniziato a calare. Tutti si aspettavano un voto difficile, ma in pochi pensavano sarebbe finita così.
Da settimane, repubblicani e democratici, il presidente Bush e il segretario per il Tesoro Henry M. Paulson cercavano un’intesa. La Casa Bianca sta valutando ora come procedere dopo la bocciatura del pacchetto anticrisi. Il portavoce, Tony Fratto, non ha nascosto la «delusione» dell’Amministrazione per il risultato. Il presidente della Camera, la democratica Nancy Pelosi, che si era esposta in prima persona nelle trattative, ha ribadito la «necessità» di procedere in modo bipartisan. Pochi minuti dopo la chiusura del voto, però, repubblicani e democratici si stavano già scambiando pesanti accuse. Il piano non è passato «perché Barack Obama e i democratici hanno messo la politica davanti agli interessi del Paese», ha detto il principale consigliere economico del candidato repubblicano John McCain, Douglas Holtz-Eakin.
L’amministrazione intanto cerca una via di fuga: nelle prossime ore il segretario per il Tesoro incontrerà Bush e il capo della Federal Reserve, Ben Bernanke, per mettere a punto una nuova strategia. Paulson ha detto che farà di tutto per salvare i mercati.
Nonostante gli appelli all’unità, nonostante siano scesi in campo entrambi i candidati presidenziali pronunciandosi a favore dell’intervento statale, le defezioni repubblicane hanno pesato sul risultato finale e quelle democratiche sono state molte più del previsto. Secondo fonti giornalistiche americane, si tratterebbe della parte più a sinistra del partito. Nei concitati momenti prima della chiusura della sessione di voto alla Camera, Pelosi si aggirava tra i colleghi più liberal cercando di convincerli a sostenere il piano. Secondo il Washington Post, i vertici dell’amministrazione «hanno incontrato la resistenza dell’ala liberal contraria a soccorrere gli amministratori di Wall Street e dell’ala conservatrice che denuncia le misure come un abbandono dei principi del mercato libero».
Il presidente George W. Bush ci aveva provato, ieri, dal prato della Casa Bianca, prima dell’inizio della sessione: il progetto è «audace», «un voto in favore del piano è un voto per prevenire un danno economico a voi e alle vostre comunità». Le 110 pagine del pacchetto che dovrebbero dare al dipartimento del Tesoro il potere di acquistare fino a 700 miliardi di dollari di «asset problematici» hanno trovato fin dall’inizio lo sfavore dei repubblicani, per definizione contrari a ogni tipo d’intervento dello Stato in questioni di economia, e di parte dei democratici.

«Sia a sinistra sia a destra - scriveva ieri il sito Politico - i partiti soffrono defezioni e il dibattito alla Camera, a poche settimane dalle elezioni di novembre, è un test per capire se il centro politico resiste» davanti alla crescente crisi finanziaria.

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