Cerano anche tre sopravvissuti, gli spezzini Gustavo Bellanzini, Dante Bartoli e Giovanni Puppo, giorni fa quando nella sala della Provincia della Spezia Andrea Amici ha presentato il suo libro «Una tragedia italiana - 1943 Laffondamento della Corazzata Roma» (Longanesi editore). Tre sopravvissuti che con commozione e grande dignità hanno rievocato quei terribili momenti. L'idea del libro è venuta ad Amici dal desiderio di materializzare sulla carta, a memoria futura, i ricordi del nonno (Italo Pizzo) e dei sopravvissuti all'affondamento, nell'intento di rendere testimonianza ai molti che sacrificarono le loro giovani vite.
Il libro esamina più di un aspetto: quello tecnico relativo alle caratteristiche dell'unità, all'avanguardia ed unica nel suo genere; lo svolgersi della vicenda, unitamente a quello della vita a bordo di quella grande e complicata costruzione navale, ove pulsavano i cuori di circa 2000 persone tra Ufficiali, Sottufficiali, Marinai e Personale Civile. Vi erano imbarcati anche cuochi, camerieri, un fotografo professionista e tecnici delle varie ditte costruttrici delle apparecchiature di bordo.
La nave da battaglia «Roma», terza costruzione della classe «Littorio», venne progettata dal Generale Ispettore del Genio Navale Umberto Pugliese e fu una delle prime unità al mondo sopra le 35.000 tonnellate. Fu impostata sugli scali del Cantiere San Marco di Trieste nel 1938 e varata nel giugno del 1940, assegnandone il comando al Capitano di Vascello Adone Del Cima che ne seguì l'allestimento. La nave fu consegnata nel giugno del 1942 ma non venne mai schierata in combattimento.
L'8 di settembre, giorno dell'armistizio, la Roma si trovava a La Spezia. L'Amm. Bergamini, comandante delle forze navali da battaglia, venne avvertito telefonicamente dell'armistizio e delle relative clausole che prevedevano il trasferimento immediato delle navi italiane in località che sarebbero state designate dagli Alleati. Alle 3 del mattino del 9 settembre Bergamini ordinò di partire e la corazzata Roma salpò per dirigersi all'isola della Maddalena, insieme alle corazzate Vittorio Veneto e Littorio (ribattezzata Italia), che con la Roma costituivano la IX Divisione. La formazione navale, 23 unità, navigava senza avere issato i pennelli neri sui pennoni e aver disegnato i cerchi neri in coperta come prescritto dalle clausole dell'armistizio, la Roma aveva innalzato il Gran Pavese.
Verso le 14.30, quando la flotta giunse alle Bocche di Bonifacio, l'ammiraglio Bergamini ricevette lordine di fare rotta per Bona in Algeria. Al largo dell'isola dell'Asinara, la formazione venne sorvolata ad alta quota da 28 bimotori Dornier Do217 della Luftwaffe. Gli aerei sganciarono, da 6.500 metri di quota, le bombe razzo teleguidate Ruhrstahl SD 1400. Alle 15.30 la prima bomba cadde a circa 50 metri dall'incrociatore Eugenio di Savoia, una seconda bomba cadde vicinissima alla poppa dell'Italia (ex Littorio) immobilizzandone temporaneamente il timone. Alle 15.45 la Roma venne colpita una prima volta. Il secondo colpo alle 15.50 centrò la nave verso prua, facendo deflagrare il deposito polveri, la torre n. 2 saltò in aria, cadendo poi in mare, con tutta la sua massa di ben 1500 tonnellate. La torre corazzata di comando, investita da una vampata, si deformò e piegò sotto l'azione del calore, abbattendosi in avanti e scomparendo, proiettata in alto a pezzi, in mezzo a due enormi colonne di fumo: l'ammiraglio Bergamini e il suo stato maggiore, il comandante della nave Adone Del Cima e buona parte dell'equipaggio furono praticamente uccisi all'istante. La nave, alle 16.11, girandosi su un fianco, si capovolse e, spezzatasi in due tronconi affondò, mentre sul ponte si affannavano i marinai superstiti, molti gravemente feriti ed ustionati.
*Contrammiraglio (CP)
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