«È è intollerabile che per avere l’attenzione della televisione o dei giornali, troppo spesso dobbiamo aspettare un evasore fiscale o un incidente in mare, con i soliti luoghi comuni spalmati su tutti i diportisti e sull’intero settore». Sono trascorse circa 24 ore dalla sua riconferma al timone di Ucina-Confindustria Nautica, e Anton Francesco Albertoni, si toglie il primo sassolino dalla scarpa. Confortato da una battuta pungente di Ermete Realacci, fondatore di Symbola: «Altro che “No boat, no crime”. Se andiamo avanti così sarà “No boat, no Italy”». È durato poco meno di 5 minuti il discorso del presidente. Essenziale. Ma carico di segnali forti a cominciare dalla scelta logistica di Satec 2010: Genova, «La capitale mondiale della nautica, nell’anno del 50˚ Salone Nautico Internazionale ». Preludio, quindi, della festa di compleanno che si celebrerà nel prossimo ottobre. Quindi l’impegno per i prossimi quattro anni: «L’assemblea dei soci mi ha riconfermato la fiducia: continuerò a rappresentare la nautica italiana, tutta la nautica italiana, perché già dalla scorso biennio Ucina-Confindustria Nautica si è trasformata per essere sempre più il referente nazionale dell’intera filiera. Un ruolo che deve essere svolto con grande compattezza di intenti e responsabilità, per tutelare il valore delle nostre aziende, ma anche quello di un comparto strategico per il Paese». Inevitabili le riflessioni sulla crisi. «Nel 2009 - ha aggiunto Albertoni - abbiamo vissuto una crisi violentissima, che ci ha messo a dura prova ed è costata la scomparsa di marchi che hanno fatto grande l’Italia nel mondo.Oggi notiamo qualche segno di lieve miglioramento, ma ci attende un lungo cammino per recuperare i livelli perduti e imboccare la via della crescita. Tuttavia, tutti gli indicatori ci dicono - e fra poco ne avremo conferma-che l’industria nautica è arretrata meno di altri comparti forti del made in Italy . Per questo siamo comunque convinti che al momento della ripresa economica saremo uno dei settori con maggiore margine di crescita. Ieri ho condiviso con i miei soci - ancora una volta - la consapevolezza della fragilità del nostro prodotto, dovuta alla dipendenza del costume sociale, dal contesto socio economico e- soprattutto- dai vincoli amministrativi e dalla politica fiscale, mai benevola». Poi l’affondo. Obiettivo l’operazione «No boat, no crime» culminata con lo spettacolare blitz sullo yacht «Force Blue» di Flavio Briatore. «Spero - ha proseguito Albertoni - che alcuni dei dati che ascolteremo fra poco contribuiscano a chiarire il valore industriale del nostro comparto. Sui diportisti ricordo soltanto quel che ci ha detto il professor Mannheimer lo scorso anno: l’84% - di noi - ha nella nautica la sua passione esclusiva e l'80% possiede una barchetta al di sotto dei 10 metri, che usa con la famiglia. Le navi da diporto con bandiera italiana adibite al noleggio, caro presidente Burlando, sono 9 e non migliaia. E visto l’indotto economico che generano molte volte superiore al beneficio fiscale di cui godono - c’è da rammaricarsi che siano così poche, limitate da problemi burocratici e non fiscali. Quello che ci amareggia è che in alcune circostanze anche le istituzioni siano ancora legate al concetto di barca come giocattolo, senza avere la capacità di vedere il valore industriale, economico e occupazionale generato dal comparto. Anche per questo la nautica è- e rimane- in forte credito con la politica. Rivendichiamo una politica per il mare, che pur nella cornice del federalismo non può rinunciare a una visione nazionale unitaria. Una politica per la nautica che - come fra poco sentiremo - è la quinta forza dell’export del nostro Paese, ma è l’unico comparto tagliato fuori dalla Tremonti-ter». Finale in crescendo con pressing. Perché il settore si aspetta una politica infrastrutturale per la portualità turistica: «In un momento in cui tutti chiedono denari al ministro Tremonti - ha concluso Albertoni - denari che lo Stato non ha, noi chiediamo da anni semplificazioni normative, amministrative, burocratiche. Pretendiamo ascolto. Lo pretendiamo anche dalle istituzioni regionali e locali, che, se acquistano funzioni, devono offrire pari assunzioni di responsabilità.
Ovviamente se si vuole ancora avere in Italia un’industria che dà lavoro a 120mila persone che - lo ripeto fino alla noia sono pari a una Fiat e mezza». Satec-Ucina 2010 va in archivio. Un’edizione particolare, che coincide, come si diceva, con il traguardo dei 50 anni del Salone. Sono in molti a giurarlo: sarà il Salone della ripresa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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