L'arresto di Messina Denaro

Così il boss "fantasma" traghettò Cosa nostra

Durante i trent'anni di latitanza la "primula rossa" di Castelvetrano, oggi 60enne, ha gestito un potere infinito

Così il boss "fantasma" traghettò Cosa nostra
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Ha vissuto per anni nascondendosi, ma da uomo invisibile, in maniera tangibile, ha traghettato la mafia del dopo Totò Riina e Bernardo Provenzano fino ai giorni nostri. L’arresto del boss Matteo Messina Denaro segna inevitabilmente uno spartiacque importante nei destini futuri di Cosa Nostra. Trent’anni di latitanza durante i quali la “primula rossa” di Castelvetrano, oggi 60enne, ha gestito un potere infinito pur vivendo come un fantasma. In tutto questo tempo, nonostante il suo impero miliardario venisse pezzo per pezzo smontato e sequestrato, il boss ha continuato a gestire gli apparati della mafia siciliana, oltre a condurre una vita quasi normale.

I figli avuti durante la latitanza

Messina Denaro non si è preoccupato solo degli affari illeciti. Durante il periodo in cui era ricercato dalle forze di polizia di tutto il mondo è diventato padre per ben due volte. Di una figlia si sa tutto: il nome, la madre, le scelte che l'hanno portata a separare la propria vita dall'ombra pesante di un genitore che forse non ha mai visto. Ha trascorso l'infanzia e l'adolescenza in casa della nonna, poi con la madre ha cambiato residenza: non è facile convivere con lo stress delle perquisizioni, dei controlli e delle irruzioni della polizia. Dell'altro figlio si sa invece quel poco che è trapelato dalle intercettazioni: si chiama Francesco, come il vecchio patriarca della dinasty, ed è nato tra il 2004 e il 2005 in provincia di Trapani, fra Castelvetrano e Partanna, dove Matteo Messina Denaro ha costruito il suo potere economico e criminale.

Il boss playboy

Attento a gestire la sua latitanza e a proteggerla con una schiera di fiancheggiatori, uno dei boss più ricercati del globo ha lasciato di sé solo l'immagine di un implacabile playboy con gli occhiali Ray Ban, le camicie griffate e un elegante casual. E dietro questa figura ormai scolorita una scia di leggende: grande conquistatore di cuori femminili, patito delle Porsche e dei Rolex d'oro, maniaco dei videogiochi, appassionato consumatore di fumetti. Di uno soprattutto: Diabolik, da cui ha preso in prestito il soprannome. Un altro ancora glielo hanno affibbiato i suoi biografi: "'U siccu". Anche nei soprannomi Matteo Messina Denaro impersonava il doppio volto di un capo capace di coniugare la dimensione tradizionale e familiare della mafia con la sua versione più moderna.

La taglia da un milione e mezzo

Il boss siciliano si è sempre mosso tra ferocia criminale e pragmatismo politico, fin da quando era molto giovane. Per questo è stato considerato da tutti l'erede di Provenzano, ma soprattutto del padre don Ciccio altro boss della nomenclatura tradizionale morto da latitante nel 1998. Messina Denaro si sono perse le tracce dal 1993, prima ancora che fosse coinvolto nelle indagini sulle stragi di quegli anni. E da allora il patriarca della mafia era sempre riuscito, a volte con fortunose acrobazie degne dell'imprendibile Diabolik, a sfuggire ai blitz. Su di lui era stata posta una taglia da un milione e mezzo, ma per fargli attorno terra bruciata gli investigatori hanno stretto in una tenaglia micidiale la rete dei fiancheggiatori. Neanche i suoi familiari sono stati risparmiati: la sorella Patrizia, arrestata e accusata di avere gestito un giro di estorsioni, il fratello Salvatore, i cognati, un nipote. Inoltre, sono finite dietro le sbarre tante persone fidate, prestanomi spesso insospettabili, che hanno subito ripetuti sequestri patrimoniali.

L’attività criminale

Sul capo di Messina Denaro pendevano una montagna di mandati di cattura e di condanne all'ergastolo per associazione mafiosa, omicidi, attentati, detenzione e trasporto di esplosivo. Per i magistrati era coinvolto nei più gravi fatti criminali degli ultimi trent'anni, a cominciare dalle stragi del '92 in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Il primo omicidio lo ha commesso a 18 anni.

Il boss stesso, del resto, si è sempre vantato di avere "ucciso tante persone da riempire un cimitero".

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