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"Smartphone, microcamere e preparazione: ecco i trucchi del giornalista sotto copertura"

Valeria Deste giornalista e videoreporter di Striscia la Notizia e Fanpage racconta trucchi e segreti per lavorare sotto copertura

"Smartphone, microcamere e preparazione: ecco i trucchi del giornalista sotto copertura"

Non basta avere delle buone fonti. Le prove decisive per portare a casa un’inchiesta, spesso, si ottengono solo infiltrandosi nei contesti da indagare. E dal saper pianificare, bene, un’operazione sotto copertura non solo dipende il risultato, ma anche la sicurezza del giornalista undercover. Valeria Deste - giornalista, videoreporter e autrice di numerose inchieste andate in onda sul Tg satirico Striscia la Notizia, lavora anche per Fanpage dove cura le inchieste - ci ha anticipato qualche “dritta” che condividerà con gli iscritti allamasterclass in videogiornalismo investigativo di The Newsroom Academy.

Quali strumenti non possono mancare per un’inchiesta sotto copertura?

Uno smartphone ben carico, in modalità aereo e bassa luminosità di schermo, in rec su memo vocali; un secondo smartphone, rigorosamente in silenzioso, a disposizione nel caso diventasse necessario chiedere aiuto; AirPods: potrebbero tornare utili, nel caso in cui un nostro complice fosse appostato in macchina ad aspettarci. Facendo partire una chiamata, attraverso gli AirPods potrebbe ascoltare tutto ciò che accade intorno a noi. Due microcamere (nel caso una vada in blocco. Non capita spesso, ma può capitare. È importante avere un back up perchè spesso si ha solo un “one shot” a disposizione e replicare sarebbe impossibile e, in alcuni casi, pericoloso); una micro sd di scorta; batterie della microcamera di scorta; cavi di alimentazione smartphone; power bank; forbicine e nastro isolante.

Tanta roba, insomma. Ma c’è un sistema infallibile, o quasi, per non farsi scoprire?

Innanzitutto bisogna essere preparati. Ciò significa che bisogna aver bene chiaro in testa cosa si vuole dimostrare. Una volta chiarito questo punto fondamentale, è necessario studiarsi la parte, cioè il personaggio che stiamo per interpretare. Poi, vanno messe a fuoco le risposte che serve che vengano date per dimostrare la nostra ipotesi e di conseguenza come ottenerle, quindi, quali domande fare e come farle. Inoltre, vanno immaginati degli scenari che potrebbero configurassi durante la nostra copertura, così da poter essere un minimo preparati ad affrontare anche eventuali situazioni difficili.

Tipo?

È fondamentale anche avere le microcamere posizionate bene: ad esempio, se c’è la possibilità che ci troveremo seduti a un tavolo, dobbiamo avere la certezza che la microcamera non inquadri le gambe sotto il tavolo del nostro interlocutore o il soffitto. Quindi, vanno fatte delle prove prima di iniziare la copertura. Infine, ma dettaglio non meno importante, dobbiamo sentirci a nostro agio con il posizionamento dell’ottica della microcamera che stiamo indossando.

L’errore che non va mai fatto?

L’errore che non va mai fatto è di sottovalutare la situazione - o la parte - nella quale ci stiamo per calare.

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Un esempio, invece, in cui è filato tutto liscio?

Ne potrei fare tantissimi, tra Striscia la Notizia e Fanpage. Per esempio, sono stata la prima giornalista (e non un tossicodipendente pagato per farlo) a entrare, in più giornate, nel bosco della droga di Rogoredo, era fine estate 2016. Lo stesso boschetto nel quale Fabrizio Corona era stato aggredito circa un anno dopo, dichiarando che “le uniche inchieste realizzate sono state fatte di giorno da giornalisti accompagnati da polizia di scorta a circondare la zona “: non è assolutamente così. Arrivata nel boschetto, ho superato i primi controlli fatti dal primo muro di sentinelle e sono arrivata sino al cuore dello spaccio vero e proprio, documentando come avveniva. C’è poi una recente inchiesta sul traffico di clandestini dall’Italia alla Francia, partendo dalla stazione di Lampugnano a Milano. Un’inchiesta lunga e difficile che vedeva coinvolti anche gli autisti di alcune compagnie di pullman che attraversano il confine e che prendono mazzette dai gruppi di persone che organizzano questi viaggi clandestini.

masterclass

Ti è mai capitato, invece, che saltasse una copertura?

È capitato una sola volta: anche in quel caso si trattava di un’inchiesta legata al traffico di narcotici da parte di un gruppo di persone legate alla criminalità organizzata. Ero sotto copertura con un collega che non ha riconosciuto uno di questi soggetti con i quali aveva avuto a che fare in un’inchiesta precedente legata allo spaccio. Questo spacciatore però si ricordava perfettamente di lui. In quell’occasione ci siamo ritrovati circondati da sei di questi soggetti poco raccomandabili e con dei coltelli in mano.

Come si esce da una situazione così?

Bisogna mantenere il sangue freddo e scappare: così abbiamo fatto.

Fortunatamente, avevo posteggiato l’automobile non troppo lontano e, grazie al mio collega che ha fatto da “pungiball” per rallentare il gruppo, siamo poi riusciti a fuggire: io senza riportare graffi, lui con qualche ematoma qua e là.

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