Politica

Nazioni Unite, un mito a targhe alterne Benvenute a Beirut, cacciate da Kabul

I pacifisti chiedono l’intervento contro Israele. Ma lo rifiutano in Afghanistan

Luca Telese

da Roma

In Afghanistan è nata la sovranità internazionale «a targhe alterne». Quando si parla dell’Afghanistan, la sinistra radicale si fa ipercritica, pone mille dubbi, mille questioni, ci spiega che l’Onu non è abbastanza forte, non è abbastanza sicura, tende all’impotenza. Quando si parla di Israele, invece, l’Onu improvvisamente cambia faccia, diventa l’unico arbitro possibile, l’ultima speranza di pace, il mediatore a cui tutto il mondo dovrebbe chiedere un intervento per rimettere le cose a posto. Chi ieri si fosse divertito a scorrere le agenzie, nascondendo la data, avrebbe avuto un’impressione di schizofrenia. Per Verdi, Pdci e soprattutto Rifondazione la collisione fra le responsabilità del governo e la drammaticità delle ultime crisi internazionali, ha prodotto un effetto elettroshock, una sorta di tilt che ha una mirabile rappresentazione nella proposta di Salvatore Cannavò, abile leader della minoranza trotzkista del partito di Franco Giordano, uno che ha la sensibilità giornalistica per le proposte ad effetto e che solo una settimana fa diceva con una mirabile sintesi: «Le fregate italiane di Enduring Freedom nel mare arabico? Dovrebbero andare a pattugliare le coste di Israele pronte a intervenire per fermare il governo di Olmert».
E anche Oliviero Diliberto, che pure in queste ore sta conquistando la ribalta mediatica per la sua opposizione all’intervento in Afghanistan, ieri diceva: «Io la guerra in Libano l’ho vista con i miei occhi, bisogna dire sì all’Onu perché assuma il ruolo di forza di interposizione di pace». Sempre Diliberto, però, due giorni fa, stigmatizzava il viaggio del segretario generale dell’Onu in Italia, per perorare la causa della missione afghana: «Non sono d’accordo con Kofi Annan, non doveva dire quel che ha detto». E non è certo un’eccezione, quella del leader del Pdci, perché anche Giovanni Russo Spena, capogruppo di Rifondazione al Senato, sempre due giorni fa, sospirava: «Annan sbaglia, le operazioni militari non aiutano la stabilità». Bene, ieri una parlamentare di Rifondazione esperta di questioni internazionali come Elettra Deiana, vicepresidente della commissione Difesa, sosteneva: «L’Onu assuma la responsabilità della crisi, occorre ora più che mai una forza politica super partes». Mentre basterebbe citare la senatrice di Rifondazione Lidia Menapace, che quando invece parlava di Afghanistan spiegava: «Il dubbio che ho su quella missione è proprio nelle modalità in cui l’Onu è intervenuta dopo l’intervento americano». Ed era lo stesso dubbio del segretario Giordano, che non vedeva chiarezza nella staffetta tra americani e Onu in Afghanistan, ma che ieri non solo chiedeva un intervento dell’Onu, ma anche dell’Italia: «La situazione sta diventando esplosiva, serve un intervento dell’Onu ed è possibile una partecipazione italiana».
Insomma, c’è un’Onu buona e un’Onu cattiva, una imbelle e una che funziona. Ed è curioso che questa richiesta di intervento arrivi dalla sinistra che insorse furibonda contro il generale Morillon e i suoi caschi blu, che come è noto vennero definiti «imbelli», per avere abbandonato la difesa delle città nella ex Jugoslavia. Se c’è stata una critica lucida, feroce e costante all’organizzazione di Kofi Annan, piuttosto, era nata nella «destra» neocon, tra i «falchi» americani. A non pagare le quote di sostegno all’Onu era l’America «buona» di Bill Clinton, che ritirò il suo famoso 25 per cento di finanziamento.
Come si vede, dunque, la realtà è complessa e le contraddizioni della sinistra radicale, che fino a ieri aveva esercitato liberamente il suo diritto di critica, sono dovute al fatto che la camicia di forza delle maggioranze parlamentari adesso chiede voti di responsabilità, impegni per garantire la fiducia al governo Prodi e quindi necessità di alibi esterni. E quindi, presa da questa schizofrenia della sinistra ulivista, non si rende conto che i motivi di questo gradimento «a targhe alterne» sono dovuti al fatto che anche l’Onu è «schizofrenica», soprattutto nei confronti di Israele. Israele è l’unico Stato che nacque per una risoluzione dell’Onu (1947), è l’unico Stato che non ha avuto e non avrà mai un rappresentante nel Consiglio di sicurezza, è l’unico Stato che ha risvegliato una condanna «democratica» (10 novembre 1975) dell’Onu quando il dittatore ugandese Idi Amin riuscì a far passare una risoluzione in cui si equiparava il sionismo al razzismo.

Così, finito il tempo delle angelicazioni e delle demonizzazioni, forse Diliberto, Fausto e Alfonso dovranno rassegnarsi all’idea che serve quello che Franco Battiato definiva un «centro di gravità permanente»: decidere, cioè, che l’Onu non è buona o cattiva solo quando dice quello che fa comodo a loro.

Commenti