Antonio Selvatici
Tutta l’operazione del gioco del piattino era iniziata tra le tre e mezzo e le 4 del pomeriggio e si protrasse (con pause mangerecce e beverecce) fino verso le sette di sera.
Il futuro presidente del Consiglio Romano Prodi, evidentemente particolarmente colpito dall'indicazione geografica, tra sé e sé pensò: «Riferisco!».
Infatti il giorno successivo all’università di Scienze politiche in Strada Maggiore, verso le tre e mezzo poco prima che incominciasse il Consiglio di facoltà, il futuro fondatore de «I Democratici» parlò (o per lo meno così sembra) della seduta spiritica al collega Augusto Balloni, noto criminologo.
Il professore Augusto Balloni, in quanto criminologo di fama, vantava amicizie tra gli uomini della polizia. Da qui partono due differenti versioni. La letteratura che fino ad ora si è occupata della seduta spiritica sostiene che il criminologo bolognese riferì della cosa al vicequestore di Bologna, Umberto Jovine. Augusto Balloni, intervistato, ha negato di aver riferito alcunché ad Umberto Jovine o di aver parlato della cosa con qualche membro delle forze dell'ordine. Il criminologo afferma solamente che lui la sua versione dei fatti l'ha già fornita quando è stato interrogato da un pubblico ministero del Tribunale di Roma.
È comprensibile che il fatto fosse assai imbarazzante: Romano Prodi, giovane economista democristiano in carriera, già allievo del noto Beniamino Andreatta, era il custode di un importantissimo segreto. Ma si trattava di una tremenda quanto imbarazzante informazione, in quanto era stata suggerita dal piattino di una tazzina da caffè.
Dietro le quinte
(...) Senza dubbio la vicenda della seduta spiritica così come fino ad oggi ci è stata presentata è poco credibile. È più probabile che la seduta spiritica sia stato un mezzo per mascherare l'identità di colui che aveva suggerito il nome Gradoli a uno dei partecipanti.
Sergio Flamigni, ex parlamentare del Pci, membro della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani, ha dedicato parte della sua vita a cercare di fare luce sul caso Moro e nel suo ultimo libro ha descritto la seduta spiritica come «fantomatica».
Il senatore a vita Giulio Andreotti: «Io non ho mai creduto alla questione dello spiritismo. Probabilmente è qualcuno di Autonomia operaia di Bologna che ha dato questa notizia. Comunque non potevano dire che lo aveva detto qualcuno di Autonomia operaia, altrimenti lo avrebbero messo nei guai». Cristiano Ravarino, un originale giornalista italo-americano, ex analista del Dipartimento di Stato Americano, nell'appendice di un suo libro riporta il testo di una sua intervista fatta anni fa al criminologo Augusto Balloni: «Romano Prodi è una persona anche capace di pensare che i suoi stessi colleghi siano dei poveri idioti. Allora, durante il sequestro Moro, eravamo ambedue docenti a Scienze Politiche. Lui di economia, io di criminologia. Qualcuno, qualcosa, doveva avergli dato la prova di essere in contatto con Moro indicandogli la sede della prigionia perché se ne arrivò sconvolto in Facoltà e ne parlò con tutti, ripeto tutti i colleghi. Poi, con un’impudenza che non ho scordato, si rivolse a me e disse: “Tu sei criminologo di fama. Vai dai magistrati e parla di questa cosa di Gradoli. Però non ti permetto di citarmi come fonte”. “Al massimo andrò a Sant'Isaia dai matti (ex manicomio di Bologna, nda)”, gli ribattei. Ma come si può ipotizzare che io vada da un magistrato per una cosa così spaventosamente delicata citando una fonte che vuole restare anonima, che cita un'altra fonte che non si sa chi sia?».
La vera fonte
Giovanni Pellegrino, presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia e sulle cause della mancata individuazione dei responsabili delle stragi, la sera del 17 giugno 1998 mentre si apprestava a sentire Mario Baldassarri: «L’episodio della seduta spiritica mi sembrava un chiaro espediente per fornire una notizia coprendone l'origine, che ritenevo di poter individuare negli ambienti dell'Autonomia universitaria di Bologna».
Durante la stessa seduta l'onorevole Marco Taradash: «La ragione per cui sarei portato a credere a tutta questa storia è la sproporzione tra la messa in scena e il risultato. Se qualcuno sapeva di via Gradoli, perché avrebbe dovuto ricorrere a questa incredibile messa in scena della riunione dei professori bolognesi e del piattino?».
Di seguito Vincenzo Fragalà, deputato di Alleanza nazionale rivolto a Mario Baldassarri: «Credo che lei si renda conto, da illustre economista qual è oggi e qual era anche allora, di una singolarità. Professore, sono un avvocato penalista e in decine e decine di processi ho visto testimoni che hanno indicato come fonte della loro notizia un sogno o la madonna protettrice del loro paese e per questo sono stati immediatamente, allora si usava, arrestati per reticenza in aula o sottoposti a giudizio. Voi siete stati fortunati perché sia la magistratura che le Commissioni d'inchiesta, dotate degli stessi poteri, hanno lasciato passare tutta una serie di contraddizioni e incertezze».
Alcuni minuti dopo lo stesso Fragalà: «... sulla vicenda della seduta spiritica Giuseppe De Gori, avvocato di tanti imputati di prima linea nei processi di Torino, dichiarò ufficialmente che la fonte dei professori bolognesi era Autonomia operaia».
Il ragionamento che il 23 giugno del 1998 il membro della Commissione Roberto Castelli (Lega Nord) provocatoriamente aveva rivolto ad Alberto Clò non fa una piega: «Se lei va in un'aula di tribunale basta che qualcuno affermi di essere innocente e lei lo assolve? È questa la logica».
Tutti questi interventi provenienti da diverse fonti rafforzano la tesi che l'evento mediatico sia stato costruito in buona fede per assicurare all'anonimo informatore una giusta copertura.
Piattino o posacenere?
(...) Sfogliando i verbali delle commissioni, emergono altre imprecisioni. Romano Prodi affermò che il «piattino» si muoveva. Il padrone di casa, Albero Clò, quando i membri della stessa Commissione gli chiesero che tipo di piattino fosse, prontamente rispose: «Era di una tazzina da caffè, una delle tazzine con cui avevamo bevuto il caffè prima». Ma Fabio Gobbo riferì: «A un certo punto il posacenere gira toccando delle parole disegnate sopra un foglio di carta».
(2. Fine)
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