Neanche Violante crede più alle leggende del G8

Nel 2001 era in prima fila contro la «polizia cilena»

Gian Marco Chiocci

da Roma

Il 27 luglio del 2001, alla festa dell’Unità a Venezia, minacciava di mobilitare le piazze se non si fosse avviata subito «un’indagine parlamentare sui fatti di Genova e sulle relative responsabilità politiche». Poi sull’onda emotiva della caccia al poliziotto, aveva chiesto le immediate dimissioni del ministro Scajola criticando l’iniziativa del premier Berlusconi che aveva promesso di pagare le vacanze a un carabiniere ferito all’occhio durante gli scontri. Il 31 luglio s’era spinto a lanciare pesanti sospetti sul fatto che la «destra di Fini» potesse usare apparati dello Stato «a proprio uso e consumo». Sembrava un irriducibile. Poi, pian pianino, il disessino Luciano Violante si è calmato. Ha corretto il tiro. Ha partecipato all’«indagine conoscitiva» del Parlamento e col tempo sembra essersi ricreduto sulla «polizia cilena». A cinque anni dalla morte del no global Carlo Giuliani, infatti, sull’Unità ha scritto di essere decisamente contrario a una commissione d’inchiesta parlamentare che «non aggiungerebbe nulla» a quanto già si sa e che «non potrebbe pronunciarsi neanche su eventuali responsabilità politiche perché queste pronunce spettano alle Camere nella loro interezza». La metamorfosi pro-forze dell’ordine del presidente della commissione Affari costituzionali della Camera ha spiazzato l’universo mondo di sinistra: girotondini, movimenti, la sinistra più radicale, disobbediente e parlamentare. Ha spiazzato soprattutto il padre del ragazzo ucciso che in una lettera sull’Unità aveva perorato l’iniziativa. Cinque anni dopo, il timore di Violante è che una commissione d’inchiesta, «che comunque si farà», possa «ridare fiato agli opposti radicalismi, quelli che “la polizia ha sempre ragione” e gli “eredi della PS/SS”...».
A scanso di equivoci Violante ci tiene a precisare due cose. La prima: l’istituzione dell’organismo d’inchiesta sui fatti del G8 è comunque all’odg della commissione di Montecitorio per il mese di settembre e in poche settimane il provvedimento, che è nel programma dell’Unione, potrebbe arrivare all’esame dell’aula. La seconda: malgrado la personale contrarietà all’istituzione di una commissione d’inchiesta, assicura fin da ora che la sua opinione «non interferirà in alcun modo con i lavori della commissione» da lui presieduta «né con le decisioni della maggioranza». Detto ciò Violante torna a ribadire le molte perplessità per l’iniziativa visto che gli atti dei processi ancora in corso, le inchieste giornalistiche e l’indagine conoscitiva della Camera del 2001, a suo avviso, hanno «accertato ormai tutti i fatti nella loro oggettività».
Quanto alla polizia nella sua interezza, criticata fino a qualche mese fa, Violante lancia insoliti distinguo: «Dobbiamo dire il vero su Genova e su quella polizia violenta, ma anche che le intere forze di polizia non sono confondibili con quei gruppi che hanno commesso inaccettabili provocazioni e violenze, così come il movimento per la pace non può essere confuso con quelli che scrivono “10, 100, 1000 Nassirya”...». Alla polizia, scrive sempre l’esponente Ds, «appartiene anche chi si fa uccidere su una linea ferroviaria secondaria tra Arezzo e Firenze per arrestare un gruppo di terroristi assassini e chi si fa uccidere per difendere la vita di magistrati e la sicurezza di tutti noi».

Violante si fa ancor più comprensivo sulle divise: «Bisogna evitare uno scontro che paralizzerebbe in questo caso quell’opera di paziente pedagogia politica che distingue sulla base della verità e non degli schemi precostituiti, che è l’unico modo per riattivare la fiducia delle giovani generazioni nei confronti delle forze di polizia».
gianmarco.chiocci@ilgiornale.it

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