Paolo Marchi
Tra la retorica nazionalista che accompagna eventi come un mondiale calcistico e la realtà sul campo, possono passare tre gol e una ben magra consolazione: il quinto girone è appena iniziato e le partite da giocare sono almeno altre due. Sì perché gli Stati Uniti del presuntuoso ct Bruce Arena sono andati a sbattere a Gelsenkirchen contro il muro della Repubblica Ceca che, stesso girone di Italia e Ghana, gioisce per la vittoria ma nello stesso tempo si rattrista per avere perso Jan Koller, centravanti di due metri e due centimetri, il giocatore più alto dei mondiali, autore della prima rete al 5 e vittima di uno stiramento, se non addirittura di uno strappo, al minuto 42, dopo aveva in pratica perso la stagione per un incidente a un ginocchio.
Il forzato cambio con Lokvenc, alto quasi come lui (poco meno e non poco più di due metri) ma ben più leggero in fase conclusiva, non ha cambiato la realtà del match. È così caduto nel vuoto lappello del presidente George W. Bush («Voglio vedervi vincere, sono impaziente di vedervi vittoriosi: tutta la nazione tifa per voi»), probabilmente ingannato da Arena che alla vigilia aveva detto di essere «sicuro che possiamo farcela: è la miglior nazionale americana di sempre». Ha così avuto ragione il suo collega Karel Bruckner che aveva scelto di tenere le luci spente («Dobbiamo volare bassi: i proclami sono inutili perché alla fine contano solo i fatti»), forse memore della delusione nella semifinale agli Europei del 2004, ko con la Grecia.
Di tuttaltra pasta gli Stati Uniti. A parte Reyna, deciso, convinto e sempre in movimento per tamponare qua e là e per suggerire, i più si sono mossi con passi pesanti e poche idee, con due aggravanti. La coppia difensiva centrale, formata da Pope e Onyewu, ieri avrebbero fatto la fortuna di qualsiasi reparto dattacco avversario, non era mai dove doveva essere. E più avanti mai un pressing decente sui cechi, lasciati liberi di partire e impostare. Gli Usa hanno cercato di fare una partita alla pari e sono stati disintegrati. La Repubblica Ceca si è dimostrata più squadra, con e senza Koller, tra laltro con uno schieramento a una punta sola perché Baros, la spalla, non era ancora pronto (dovrebbe esserlo per sabato contro il Ghana), cosa che ha costretto Nedved a spremersi ancora di più per essere ovunque, a centro campo e in attacco. Alla fine sorrisi agrodolci: «Sono esaurito. Ho finalmente realizzato un sogno: vincere una partita a un mondiale. Però linfortunio di Koller ci indebolisce».
Questo alla lunga, certo non ieri. Alla rete del gigante (micidiale entrata di testa su cross dalla destra di Grygera), gli americani opporranno il palo colpito da Reyna al 20 prima dei due capolavori di Rosicky. Il primo al 35 quando riprendeva un rilancio corto di Pope (traversone di Nedved) e scaricava da 30 metri di interno destro.
Nedved superman, i cechi travolgono gli Usa
Americani, avversari sabato dellItalia, troppo lenti e presuntuosi. Hanno deluso anche Bush che aveva chiesto la vittoria
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