Il vestito buono, le scarpe nuove, le chiacchiere con calma per strada, in piazza, davanti alla chiesa. E il pranzo dalla prima allultima portata, quello in cui non manca nemmeno un parente, quello seguito, immancabilmente, dalla partita di calcio. Quando colori la domenica lo fai così, ricreando vecchi cliché; perché, ormai, sono rimasti solo quelli a far rivivere il giorno con la «D» maiuscola, quello intorno al quale ruotava lintera settimana: racconti pittoreschi, immagini illuminate dalla luce giallognola del passato, sempre meno concrete, sempre meno legate al presente.
La domenica, oggi, non la racconti quasi più: è un giorno come un altro, lo spettro delluniformità che scende piano piano, come una bolla dacqua, sulla superficie della settimana e la ricopre fino alle sue estremità. Non sempre in senso negativo: dal lunedì in poi scorre spesso la stessa voglia di divertirsi, di fare ciò che piace di più, viaggi o bricolage o un libro, o magari unoverdose di televisione.
È ancora il giorno festivo per eccellenza; cè la domenica in cui ti diverti, quella in cui dormi fino a tardi e quella in cui, persino, un po tannoi; ma parlare di «festa» sarebbe tutta unaltra storia.
Sarà che lutilitaria, ormai, è lultimo modello ipertecnologico, sarà che la seicento verde o la vecchia cinquecento si vedono solo ai raduni di collezionisti. E nessuno comunque vi si inerpica con tutta la famiglia, con provviste e bagagli e cianfrusaglie indispensabili, eppure «si stava così comodi»; niente da fare, comodo vuol dire comodo, una volta che lhai scoperto non puoi tornare indietro.
Forse. Perché la gita rimane in cima ai sogni domenicali degli italiani - del 46,6 per cento, secondo unindagine del Censis -, anche se tradotta in «turismo»: conoscere un posto nuovo e, insieme, mettere in campo un diversivo rispetto al tran tran dei soliti negozi, di cui si potrebbe disegnare la mappa quasi a memoria. Luoghi darte, il mare, la montagna: tutto va bene, pur di scappare dalla città in cui si abita e si lavora; ma, soprattutto, la fuga dura raramente un solo giorno, perché la domenica non va mai da sola, ormai è «weekend», partenza al venerdì sera.
I genitori in viaggio, i figli al «brunch» perché la sera prima si è fatto tardi, chi ha voglia di cucinare, e poi ci vanno tutti - e limportazione anglosassone va sempre di moda. Anche se, persino Oltremanica, si tratta di unabitudine relativamente recente: tantè vero che anche per i sudditi di Sua Maestà la domenica è sempre meno «domenica», come hanno provveduto a dimostrare gli studiosi dellInstitute of social and economic research dellUniversità di Essex, in un sondaggio che ha messo a confronto le giornate domenicali di diecimila persone nel 2001 e quelle trascorse da 3500 connazionali quarantanni prima. I risultati - diari dei diretti interessati alla mano - sono stati sintetizzati dal quotidiano Guardian in una battuta: «Sunday is funday», ovvero il settimo giorno è ormai quello del divertimento. Il resto è un lontano ricordo.
Il brunch, ad esempio, ha soppiantato il classico pranzo a base darrosto al forno, che teneva gli inglesi inchiodati al tavolo almeno fino alle due; tè delle cinque a seguire nel pomeriggio. E il mezzogiorno pantagruelico sta diventando una rarità anche dalle nostre parti, con la riunione di famiglia resa sempre più impossibile dagli impegni.
Il programma della giornata era il solito: Messa al mattino, il giornale in edicola e, poi, dal pasticciere di fiducia, perché non cè domenica senza i pasticcini, anzi, le «paste». Ma vuoi mettere la dieta. E anche la Messa è sempre meno frequentata: secondo i dati del Censis, del 57,8 per cento di intervistati che si è dichiarato cattolico praticante, solo il 21,4 per cento va in chiesa tutte le settimane; mentre il 16,8 per cento assiste alla funzione solo «saltuariamente».
Fra i motivi per cui molti non partecipano alla Messa ne spicca uno: il 33,7 per cento dichiara di «annoiarsi». Una sensazione di monotonia che, magari, si ripropone nel resto della giornata: se non è una festa, la domenica può anche trasformarsi nel giorno, angosciante, in cui «non si sa che cosa fare». Oppure in ventiquattrore sonnolente per recuperare dalla serata precedente. Secondo lindagine britannica, ormai la domenica tipo di un inglese è iperattiva e dedicata al benessere: ginnastica al mattino, brunch, il cinema o una mostra o anche lo shopping e, dopo la spesa per la cena, un po di riposo davanti alla tv. Niente lavoretti di casa o giornate tutte in famiglia: uscire, divertirsi e fare anche acquisti, visto che i negozi sono aperti.
È quello che succede anche da noi, soprattutto per i più giovani. Non ci puoi far niente: il tempo è poco e si è mangiato anche la domenica. La sollevazione di fronte alla normativa europea sul giorno di riposo non più fisso suona forse come unindignazione anacronistica: non serviva certo lUnione Europea per uccidere la domenica; ci aveva già pensato uno stile di vita per il quale, ormai, il «giorno di festa» unico e intoccabile non esiste praticamente più.
Rimane, forse, in qualche cittadina di provincia. Ma ormai il lavoro ha assorbito sempre più spesso anche il weekend, la spesa va fatta di sabato o domenica perché durante la settimana non si fa in tempo, il vestito buono non esiste più, perché ne abbiamo una serie intercambiabile nellarmadio, se anche cè chi cucina magari non cè chi mangia; rimane il riposo, ma il riposo, forse, è uno spreco, non ci si può certo dedicare tutta la giornata. E poi lincertezza, fra i binari scardinati dallassenza di un programma fisso, dalla gestione di un tempo «libero» che, spesso, si trasforma in unossessione: perché bisogna per forza «fare qualcosa» e magari, il giorno dopo, raccontarlo. Cè ancora il calcio, anche se le partite, sempre più spesso, le guardi in televisione.
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