Fra negozi di lusso e tartufi vita da «personal shopper»

da Milano
Scioltezza, carineria, prontezza, tattica d’approccio, pazienza. Essere un po’ crocerossina ma con polso, saper fare un’analisi psicologica in dieci minuti. Due lingue parlate correttamente. Chi più ne ha più ne metta, insomma. Se vuoi fare la personal shopper è così. «Puoi fare tutti i corsi che vuoi, ma se non ce ne hai di tuo questo mestiere non fa per te». A parlare è Barbara Lessona, una delle più note personal shopper italiane (lessona@fastwebnet.it). «Ho iniziato accompagnando a diciotto anni le amiche americane di mamma in giro per Roma e piano piano è diventata una vera professione». Ma che significa essere un personal shopper? «È un lavoro molto più complesso di quel che si crede e non ci si improvvisa. Prima di tutto non vuol dire solo fare acquisti e avere accanto il consulente che dà consigli. È un insieme di servizi che offri al cliente, quasi sempre straniero, che chiede di tutto un po’. Per questo devi saper spaziare a 360 gradi».
Il personal shopper, nato in America diversi anni fa, è approdato in Italia da non molto tempo. «I primi clienti furono i giapponesi. Arrivavano a gruppi numerosissimi per essere accompagnati dai vari stilisti. Ora, anche loro, hanno imparato a muoversi da soli». Eppure, chi fa questo lavoro, riesce sempre a creare un vero e proprio rapporto tanto da avere clienti fissi. «Che ti scrivono mail d’affetto e non si scordano mai di farti gli auguri a Natale». Ci vuole perciò una certa vocazione per dedicarsi in toto a una persona che ti richiede per tante ore. «Non so se si può parlare di vocazione. Predisposizione sì. È un bellissimo lavoro, perché conosci di continuo gente nuova e puoi occuparti dei più svariati argomenti. Posso portare la signora straniera a fare shopping dalle firme prestigiose così come la consiglio se vuole acquistare vini o tartufi di Alba. E le posso organizzare nei minimi particolari la visita a Venezia o a Firenze o trovarle il chiropratico o l’agopuntore o la sartina per un orlo in cinque minuti. Ma anche la barca da 50 metri se vuole fare il periplo del Mediterraneo».
Insomma, a colpo sicuro bisogna saper indirizzare voglie e capricci dei ricconi che arrivano da ogni dove. Non solo attori, cantanti, politici, sportivi famosi o persone del jet set internazionale: il consigliere di stile personale deve saper accompagnare negli acquisti quotidiani e nello shopping più esclusivo i personaggi più svariati. «Ai vipponi da rotocalco preferisco i borghesi americani educati, gentili e, soprattutto grati. È senz’altro la clientela migliore». E parlando di vil denaro, quanto costa il personal shopper? «Quattrocentocinquanta euro al giorno. Puliti, in tasca, sono 350. Anche perché, se accompagniamo il cliente al bar paghiamo noi, così come se si prende un taxi». A proposito di clienti, più stranieri che italiani? «Assolutamente sì. Per quanto riguarda la moda, le italiane sono straconvinte di saper fare da sole o al massimo ascoltano la direttrice dei negozi importanti».
Il mestiere di personal shopper, intanto, attira e piace sempre più. Da pochi mesi ha iniziato Fabiola De Filippi che con l’amica Violetta Manca ha fondato l’a[genzia Key Two City (fabiola.defilippi@sxs_consulting.it). «Con il massimo della professionalità ci si diverte davvero molto – confida la De Filippi - Ho iniziato grazie ad amiche che lavoravano nel mondo del lusso e della moda. Fondamentale avere contatti e conoscenze per poter dare servizi esclusivi.

Ci appoggiamo a tour operator e alberghi. E sempre, prima di accompagnare la persona, ne studiamo il profilo per offrire un itinerario ad hoc». La richiesta più stravagante? «Poter bere un caffè, magari nel suo palazzo, con un principe romano».

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