di Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
I politici, Roma e Romeo. Nella rete tessuta dall'imprenditore campano e dagli assessori amici per quello che secondo la Procura di Napoli era un sistema blindato per pilotare gli appalti c'è un po' di tutto. Anche l'incontro, il 16 maggio 2007, tra l'imprenditore e l'assessore al Patrimonio e alla manutenzione degli immobili di Napoli Ferdinando Di Mezza. Quando Romeo chiama, il politico esordisce: «Io ho finito in questo momento da Di Pietro». Il faccia a faccia tra assessore e imprenditore è sul «piano casa» della Campania, e i due si incontrano a Roma perché Di Mezza oltre a incontrare l'ex ministro delle Infrastrutture quel giorno nella capitale «teneva una cosa con Rutelli», come spiega lo stesso Romeo in un'altra telefonata. Chi invece non era ancora stato trasferito nel ministero di Porta Pia è Mario Mautone, all'epoca ancora provveditore alle opere pubbliche di Campania e Molise. Il funzionario, che il 10 agosto successivo avrebbe cambiato ufficio – secondo Di Pietro per rimuoverlo dopo aver avuto le prime avvisaglie dell'indagine (all'epoca nota solo agli inquirenti) – proprio ieri ha dato la sua versione di fronte al gip di Napoli. Assistito dall'avvocato Salvatore Maria Lepre, l'ex provveditore, accusato di aver ritoccato al rialzo le tariffe per l'appalto in Global service per la manutenzione delle strade cittadine, ha rivendicato la sua totale estraneità, ribadendo di fronte alle contestazioni sui suoi rapporti con Romeo e con l'ex assessore Giorgio Nugnes, suicidatosi il 29 novembre, di aver solo avuto contatti dovuti al suo ufficio e di aver semplicemente espresso un parere non vincolante. Quanto alle dichiarazioni di Di Pietro, che appunto sostiene che il trasferimento di Mautone a Roma fosse una specie di punizione per impedirgli di «nuocere», il legale dell'ex provveditore è lapidario: «L'ex ministro ha detto molte imprecisioni».
Ma quella di ieri è stata anche la giornata dei veleni. L'interrogatorio del tenente colonnello della Gdf Vincenzo Mazzucco, ritenuto la «talpa» dell'inchiesta, ha riservato un colpo di scena. L'ufficiale ha dapprima negato di aver mai avuto accesso alle informazioni sull’inchiesta «Magnanapoli». E quando gli sono state contestate le richieste di assunzione che avrebbe, secondo la Procura, rivolto a Romeo, Mazzucco ha sostenuto di aver «girato» all'imprenditore campano una segnalazione del procuratore capo di Napoli, Giovandomenico Lepore, riguardante un parente di un autista in servizio presso la Procura, che comunque alla fine non sarebbe stato assunto. Il dettaglio, reso noto dal legale di Mazzuccco, Agostino Maiello, a fine interrogatorio, ha innescato la replica piccata di Lepore. «Vogliono delegittimare la Procura e forse anche la mia persona», ha risposto il procuratore, precisando che fu lo stesso autista a rivolgersi autonomamente all'ufficiale per la richiesta di assunzione, e quando Mazzucco poi gli riferì la circostanza Lepore avrebbe commentato: «A me non interessa, vedi tu».
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