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«Nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia Goffredo Mameli torni nella sua Genova»

di Pier Luigi Gardella

Un messaggio è stato recentemente lanciato dall'Associazione «A Compagna» e forse sarebbe il caso che, sulla scia di questo 150° anniversario dell'Unità d'Italia, si riprendesse a parlare, ma soprattutto ad agire, affinché le spoglie di Goffredo Mameli, dopo un peregrinare durato oltre un secolo e mezzo, fossero definitivamente collocate nella sua Genova. È, infatti, una vera assurdità la serie di spostamenti ai quali in un secolo e mezzo è stata costretta la salma di Goffredo Mameli e sarebbe davvero auspicabile una definitiva sepoltura a Staglieno. Goffredo Mameli morì il 6 luglio 1849 all'ospedale della Trinità dei Pellegrini a Roma, a 22 anni; il suo corpo fu subito imbalsamato da Agostino Bertani e deposto nella vicina chiesa di Santa Maria in Monticelli. Il Bertani era a Roma a sostenere la Repubblica Romana e, prestando servizio come medico, si era ritrovato a curare il Mameli, ferito alla gamba sinistra durante un assalto nell'assedio di Roma. La ferita sviluppò una grave infezione che fu fatale a Mameli portando alla morte. Successivamente, per disposizione di un tal signor Filippani, il cadavere era stato trasportato nei sotterranei della chiesa delle Stimmate, vicino a piazza di Torre Argentina. Lì rimase sino al 1871 quando ne fu autorizzata la riesumazione dalle autorità ecclesiastiche. Il Governo non era però favorevole ad alcuna solenne cerimonia pubblica e solo l'anno successivo, con la morte di Mazzini si autorizzava un funerale pubblico e la sepoltura al cimitero del Verano. Però si dovette attendere sino al 1889, quando Alessandro Guiccioli, figlio di Ignazio, ministro delle Finanze della Repubblica Romana del 1849, propose l'edificazione di un monumento funebre a Mameli nel cimitero del Verano, monumento che fu costruito e inaugurato nel 1891. Il 26 luglio vi furono collocate le spoglie di Mameli.
Ma non finisce al Verano il cammino della salma del musicista genovese. Fu Mussolini che nel 1941 si accorse che Mameli con la sua morte per causa delle armi francesi, poteva essere utile al fine della guerra appena iniziata; decise pertanto che dovesse erigersi un sacrario sul Gianicolo nella località detta Colle del Pino, dedicato a tutti quei combattenti che tra il 30 aprile e i primi giorni del luglio 1849, guidati da Giuseppe Garibaldi, compirono l'ultima strenua difesa della Repubblica Romana contro i Francesi; mausoleo che mai il Governo italiano aveva voluto edificare nonostante il Parlamento lo avesse proposto nel 1891. Fu subito dato corso ai lavori, su progetto di Giovanni Jacobucci, e nel frattempo le spoglie di Mameli furono ancora spostate per essere collocata provvisoriamente all'Altare della Patria; quindi, nell'attesa del termine dei lavori, un altro in San Pietro in Montorio, nel quartiere di Trastevere. Finalmente il definitivo trasferimento al Gianicolo: fu una grandiosa cerimonia. La bara fu riesumata dalla tomba che la ospitava e, avvolta in una bandiera tricolore, fu caricata su un fusto di cannone e trasferita, con gli onori militari, sul Gianicolo. Proprio a duecento metri dal luogo dove il poeta era stato ferito il 3 giugno del 1849.

L'autore dell'inno d'Italia riposa nel sarcofago in porfido collocato nella parete di fondo del Sacrario che accoglie i resti dei caduti nelle battaglie per Roma Capitale dal 1849 al 1870. Già nel 2003 la città di Genova si era proposta per ricevere definitivamente le spoglie di Mameli per collocarla nel Pantheon dei genovesi illustri, ma la proposta cadde nel vuoto. Non sarebbe il caso di ripensarci?

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