Nel governo Tremonti verso le dimissioni Spunta l'idea-Draghi

Il ministro chiede deleghe da vicepremier. Berlusconi: "La storia si ripete". Probabile che non gli venga concesso. Il sostituto sarebbe l'odiato governatore di Bankitalia 

Nel governo Tremonti 
verso le dimissioni 
Spunta l'idea-Draghi

Roma - Il giorno dopo il faccia a faccia con Tremonti e Bossi, i messaggi che arrivano da Arcore sono eloquenti. Perché se è vero che Berlusconi sceglie in pubblico la via del silenzio, nelle sue conversazioni private e nelle parole di alcuni dirigenti del Pdl c’è la misura di quanto freddo resti tra premier e ministro dell’Economia.

Un problema soprattutto politico se il Cavaliere - che ieri si è diviso tra Arcore e Lesmo - non nasconde il disappunto per l’accordo siglato con le Regioni venerdì scorso. Il problema, ovviamente, non è il merito dell’intesa ma - è il ragionamento di Berlusconi - il fatto che Tremonti sia riuscito a trovare quattro miliardi di euro per la Sanità in un baleno, sbloccando uno stallo di mesi e rimettendo mano pure alla Finanziaria. E lo ha fatto, lascia intendere il premier, senza nemmeno avvertirlo. E qui sta il punto, perché anche uno sempre disponibile a mediare come Berlusconi (tanto da aver «coperto» Tremonti quando molti ministri lo avevano preso di mira sul posto fisso), sembra stia iniziando davvero a perdere la pazienza per quella che in privato ha bollato come «una storia che si ripete» (il riferimento è al 2004). Il titolare dell’Economia, infatti, invece che ricambiare il favore ha pensato bene di smentire il Cavaliere sulla riduzione dell’Irap. Per poi chiudere con le Regioni mentre Berlusconi era in Russia e infine rilanciare con la poltrona di vicepremier spalleggiato dalla Lega. E poi tornare - ancora ieri - a paventare le sue dimissioni.

Una richiesta, quella di fare il vicepremier, che difficilmente Berlusconi potrà accogliere, fosse solo perché un anno fa fu proprio il Carroccio - appoggiato da Tremonti - a bloccare la nomina di Gianni Letta a quella stessa poltrona. Senza contare la sollevazione dei ministri, la maggior parte dei quali non hanno con il titolare dell’Economia un rapporto particolarmente amichevole. Le frizioni con Tremonti sono infatti all’ordine del giorno. L’ultima è di venerdì scorso con la Gelmini, visto che solo pochi minuti prima dell’inizio del Consiglio dei ministri che avrebbe dovuto discutere la riforma dell’Università - poi saltato per l’assenza del premier - gli uffici di via XX Settembre hanno inviato un fax al ministero dell’Istruzione per dire che «alcune norme» della riforma erano incostituzionali. La penultima frizione, invece, è di una settimana fa, quando durante una riunione un po’ concitata con alcuni ministri e capi di gabinetto Tremonti ha pensato bene di interrompere la discussione e fare il segno delle manette ai polsi a Fitto che aveva appena ricevuto un avviso di garanzia. Il ministro degli Affari regionali gli ha dato del «mascalzone» e c’è mancato poco si passasse dalle parole ai fatti. Insomma, un clima piuttosto pesante. Anche perché - è il timore manifestato da Berlusconi in queste ore - il rischio vero è che qualcuno decida di impallinare Tremonti durante l’iter della Finanziaria in Parlamento. E questo, ovviamente, sarebbe un problema. Ma il Cavaliere è anche convinto che, preso atto di tutti i meriti di Tremonti, le scelte strategiche sull’economia spettino comunque al premier che «ci mette la faccia davanti al Paese». E che resta molto tentato dal mettere in agenda la questione delle riduzioni fiscali (Irap in testa). La partita, dunque, è ancora tutta da giocare. E, se davvero il Cavaliere alla fine perderà la pazienza, il ruolo di Tremonti rischia seriamente di finire sul tavolo delle candidature regionali. La Lega, infatti, è ormai l’unico sponsor del titolare dell’Economia che viene di fatto visto come un quinto ministro del Carroccio. In questo quadro - con Bossi che parla del Veneto ma vorrebbe la Lombardia e non solo - un chiarimento su Tremonti potrebbe far parte di un accordo più complessivo con la Lega.

Un’intesa globale per la quale stanno spingendo in molti nel Pdl, quegli stessi che premono per un riavvicinamento più deciso tra Berlusconi e Fini (che ieri ha mandato segnali in questo senso). Insomma, spiega un ministro molto vicino al Cavaliere, Tremonti «si è ormai messo nelle mani di Bossi».

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