Cultura e Spettacoli

Nel multiforme ingegno del geometrico Max Bill

Lo svizzero Max Bill sapeva fin da piccolo cosa voleva. A 17 anni, nel 1925, vince il primo premio per la grafica del manifesto del cioccolato Suchard, e utilizza i soldi della vincita per i corsi al Bauhaus di Dessau. Rimane affascinato da Kandinskij, Klee e Moholy-Nagy, maestri che gli indicheranno vie e territori nei quali si avventurerà senza paura. Un artista poliedrico, difficile da incasellare: pittore, scultore, grafico, architetto, ma anche e soprattutto teorico e pedagogo.
Nella sua ricerca non vede alcuna differenza tra arte e arte applicata, e quindi non esita a misurarsi con la produzione industriale. Fonda con altri artisti la lega dei grafici svizzeri, ha scambi intensi con tutto il mondo artistico della sua epoca, da Piet Mondrian a Max Ernst, Marcel Duchamp, Ignazio Silone, Le Corbusier e Ernesto N. Rogers. Nel 1951 vince il Gran Premio della Scultura alla Biennale di San Paolo e contemporaneamente il Gran Premio alla Triennale di Milano. Forse è proprio questo suo essere trasversale che rende la mostra di Palazzo Reale a Milano, aperta fino al 25 giugno, così «milanese» per i visitatori. Milanese nel senso più ampio del termine, del filo rosso tra design, architettura, arte e segno grafico che appartiene alla città da sempre. I legami di Max Bill con l’Italia sono sempre stati stretti. Nel 1936 cura il padiglione svizzero alla Triennale di Milano, dove appare anche la prima versione del Nastro di Möbius, il nastro infinito in cui congiunte le due estremità la fine diventa inizio e il lato superiore diventa inferiore, che Max Bill declinerà in diverse versioni pittoriche e scultoree per più di 50 anni. Nel 1947 formula il principio dell’Arte Concreta, espressione della misura e dell’armonia.
Le sale di Palazzo Reale accolgono il mondo di Max Bill coniugato in tutte le sue forme, in un allestimento rigoroso che ben si adatta allo stile dell’artista. Grandi quadri geometrici e sculture lucenti di grande bellezza, perfettamente conservate che mantengono la propria modernità. Opere giovanili mai esposte prima e progetti architettonici. Una scultura di gazebo in legno alta più di tre metri disegnata perché le persone la utilizzino. Grafica declinata all’estremo, come gli studi per l’insegna per il Cinema Corso di Zurigo del 1934. La sezione «Variazioni» raccoglie opere significative di varie discipline, sviluppate partendo dallo stesso soggetto. La mostra è curata da Otto Letze e Thomas Buchsteiner con catalogo Electa. Come racconta il figlio Jacob, Max Bill aveva conservato i suoi lavori più importanti e aveva già in mente come sarebbe stata la propria antologica. Racconta anche di come il padre ritenesse l’architettura «madre di tutte le arti» e che in fondo si considerasse un architetto.

Max Bill è scomparso nel 1994, più che ottantenne, ma colpisce la grande freschezza dei suoi lavori, sui quali il tempo non sembra essere passato.

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