Il presidente Saakashvili ci ha provato, ma gli è andata male: sperava di riuscire a riprendere con un colpo di mano il controllo dellOssezia del Sud, che formalmente fa ancora parte della Georgia ma che se ne è virtualmente staccata allinizio degli anni Novanta, invece la reazione russa è stata così violenta che adesso si trova con le spalle al muro. LOccidente non è tenuto a correre in suo aiuto, perché in seguito alle obiezioni dellEuropa la Georgia non è stata ancora ammessa alla Nato (come avrebbe voluto Bush già al vertice di Bucarest), ma ha insieme un obbligo morale e un interesse materiale ad impedire che lerrore di calcolo di Saakashvili si trasformi in una disfatta. Un obbligo morale, perché il presidente georgiano è un sincero amico dellOccidente, ha cercato di mantenere il suo Paese sulla strada della democrazia, ha inviato ben 2.000 soldati in Irak ed è molto collaborativo nella lotta al terrorismo islamista. Un interesse materiale, perché la Georgia è attraversata dallunico oleodotto che porta il greggio del Caspio fino al Mar Nero senza passare in territorio russo e quindi attenua, almeno in parte, la dipendenza energetica dellEuropa dal Cremlino.
Washington e Bruxelles devono perciò impedire ad ogni costo che la Russia, per cui Saakashvili è da sempre peggio di una spina nel fianco, addirittura un agente americano, approfitti della situazione per provocarne la caduta e la sostituzione con un uomo a lei fedele, un po come è avvenuto nelle vicine Cecenia e Inguscezia. Il fatto che, mentre il neopresidente Medvedev gestisce la crisi da Mosca, Putin sia volato direttamente da Pechino nella vicina Ossezia del Nord, da cui sono partiti i carri armati russi, fa temere che il Cremlino pensi davvero di approfittare delle circostanze per rovesciare la situazione a proprio favore.
Limbarazzo dell'America risulta dalle dichiarazioni un po contraddittorie di Bush. Da una parte, ha ribadito la richiesta di rispettare lintegrità territoriale della Georgia, giustificando così implicitamente loffensiva di Saakashvili che, sia pure dopo quindici anni, puntava a ristabilirla; dallaltra ha invitato le parti a tornare allo status del 6 agosto, cioè in pratica ha chiesto il ritiro delle truppe georgiane che, dopo avere prima bombardato duramente e poi occupato il capoluogo osseto Tskhinvali sono state costrette a ritirarsi dalla controffensiva russa, ma si trovano ancora nella provincia ribelle.
Se i combattimenti non verranno fermati nelle prossime 48 ore, la situazione potrebbe prendere una piega estremamente pericolosa. I russi, infatti, non sono dellumore di lasciare impuniti né labbattimento di alcuni loro aerei, né luccisione di un numero di loro soldati che si trovavano legalmente nellOssezia del Sud per mantenere lordine, né tanto meno le dure parole che Saakashvili ha pronunciato contro di loro sulle Tv di mezzo mondo. Essi godono di una indubbia superiorità militare sia terrestre, sia aerea, e per giunta possono contare sui separatisti dellAbkhazia, laltra provincia ribelle della Georgia, per aprire un secondo fronte. Un primo tentativo del Consiglio di Sicurezza dellOnu di formulare un comunicato che ordini un immediato cessate il fuoco è fallito perché Mosca pretendeva una condanna di quella che definisce «laggressione» georgiana e gli Stati Uniti intendevano ribadire che in base al diritto internazionale lOssezia del Sud è (per colpa di Stalin, che volle «regalarla» al suo Paese di origine nonostante le differenze etniche e linguistiche) territorio georgiano.
Disgraziatamente, per tutti è anche un problema di faccia: i russi non possono permettersi di farsi prendere a cannonate da un piccolo vicino riottoso, gli occidentali non possono abbandonare al suo destino una nazione che vuole disperatamente entrare nellAlleanza atlantica e che oggi si trova in evidenti difficoltà, come dimostra la richiesta di un armistizio, la proclamazione dello stato di guerra e perfino la minaccia di ritirarsi dalle Olimpiadi. Comunque vada, con le parti ancora impegnate a ingigantire le colpe dellavversario, trovare una via duscita sarà unimpresa.
Livio Caputo
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