nostro inviato a Piacenza
A dar retta ai simboli, specie quando possono assumere la veste di segni premonitori, quel ponte venuto giù a fine aprile con lultima piena del Grande Padre Fiume, non la dice per nulla bene al centrosinistra piacentino ed emiliano tutto. Perché è specialmente qui, tra i solchi di questa terra ricca e grassa, che quel che resta del rosso «Partitone» di un tempo rischia di perdere ben più dei voti. Addirittura la faccia.
Tremano infatti, oltre a Piacenza, anche altre storiche roccaforti provinciali come Parma, Reggio e Rimini, costringendo i vertici dellattuale «Partitino» ad arroccare sul Po la propria linea del Piave. Perché a porre lorecchio in terra, e ad ascoltare i tam tam dei sondaggi, pare davvero che la Padania, intesa come espressione geografica, possa presto avviarsi a coincidere con laltra Padania, quella politica. Insomma, il nome resterebbe comunque lo stesso, ma a cambiare potrebbe essere il colore: con un verde squillante - di più, celodurista - chiamato a prendere il posto di un rosso via via sempre più impallidito.
Le fonti bene informate di Piacenza, quelle che rimbalzano nei caffè di piazza Cavalli, dicono del resto che sia stato lo stesso presidente del consiglio comunale, il Pd Ernesto Carini, ad ammettere che le proiezioni di fonte interna danno in tutta Italia 38 Province su 50 a serio rischio. Piacenza compresa. E non è quindi un caso se il centrosinistra, per loccasione, abbia deciso di reindossare da queste parti i panni smessi di un più marcato sinistra-centro.
Sulla scialuppona del presidente uscente Gianluigi Boiardi sono stati infatti imbarcati oltre al Codacons, alle liste civiche «Io scelgo Boiardi» e «Contare adesso» (pensionati e precari) e ai forcaioli dellItalia dei valori, perfino i fantasmi di Rifondazione e dei Comunisti italiani, senza dimenticare uno strapuntino per lultima arrivata dellextreme gauche nazionale, la vendoliana Sinistra e Libertà.
Un serrare a sinistra che, stando alle parole del bene informato Filiberto Putzu, apprezzato medico nonché appassionato blogger locale, «potrebbe essere stato allorigine della furibonda litigata verificatasi allinterno della componente di centro, con lattuale sindaco Roberto Reggi, ex Margherita, che non si è mai visto alle riunioni convocate per costituire la lista per le provinciali». Insomma, si sarebbe dato. Con il suo guru della comunicazione, Mauro Ferrari, passato addirittura ai servigi del candidato presidente del centrodestra, Massimo Trespidi. Per il quale, professore di filosofia e appassionato maratoneta, ha coniato lo slogan «OcCorre».
Trespidi, che arriva dallala cattolico-formigoniana di Forza Italia (nellhome page del suo sito è riportato un pensiero di Don Giussani) e che tiene a definirsi «amico di Maurizio Lupi, maratoneta pure lui», «corre» per la prima volta alla Provincia. «Ed è anche la prima volta - aggiunge - che il centrodestra partecipa tutto unito alle provinciali piacentine». Attorno al suo simbolo - Berlusconi per Trespidi - compaiono infatti anche quelli della Lega Nord, che candida alla vicepresidenza Maurizio Parma, le liste civiche Alleanza sociale e Pensionati emiliani e unimprevista Udc. Uneccezione che lo stesso Casini ha spiegato proprio a Piacenza con un pubblico ed esplicito riconoscimento rivolto «ai bravi dirigenti locali del Pdl».
Nessuno, però, a prescindere dagli schieramenti, si nasconde che anche qui lattesa sarà tutta per verificare gli effetti dellonda lunga leghista di questi giorni. Per andare a vedere, insomma, quali interessi potrà aver reso, con valuta al giorno delle elezioni, la politica della fermezza (e della sicurezza) del movimento di Bossi.
Maurizio Parma, tre mandati in consiglio regionale, oltre a essere un leghista ante litteram - «ci milito dal 1991» - ha al suo attivo anche unesperienza da vicesindaco «in quello che fu il primo monocolore della Lega in Emilia Romagna», era il lontano 1993, in un piccolo comune (8mila anime) dal preoccupante nome di Rottofreno. Per le prossime elezioni, Parma non nasconde il suo ottimismo e prevede che la coalizione di centrodestra possa passare addirittura già al primo turno, senza le forche caudine di un ballottaggio.
Diciamo allora il 20%?, insisto. «Pensiamolo soltanto», se la ride lui.
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