Laura Cesaretti
da Roma
Il «padre» del decreto liberalizzazioni, Pierluigi Bersani promette che non ci saranno passi indietro, pur «discutendo con tutti» e convocando per oggi un tavolo con i rappresentanti dei tassisti. Il premier Romano Prodi condanna le «reazioni insensate» delle corporazioni toccate che protestano e proclamano scioperi selvaggi. Ma intanto nella maggioranza scoppia la grana Udeur: se si va avanti così, avverte, «potremmo decidere di limitarci a dare un appoggio esterno al governo».
«Non ci possono essere continue espropriazioni di titolarità che mi toccano una volta con un ministro, una volta con un altro», insorge Clemente Mastella. Il ministro della Giustizia si è assai irritato ieri mattina leggendo i giornali. In particolare quel titolo di prima pagina sul Corriere della Sera: «Bersani: ora cambiamo le professioni». Quella è materia del mio dicastero, è insorto il Guardasigilli: «È una mia competenza e se altri la pensano diversamente si accomodino, possono prendere il mio posto». Perché «un conto è toccare economicamente le competenze, come è capitato in questo caso con le professioni, altro conto è annunciare in maniera non sobria che si sovvertono le linee». Con Bersani il chiarimento è stato immediato: il ministro dello Sviluppo economico ha subito chiamato Mastella per rassicurarlo: «Clemente, non ho mai inteso scavalcarti: la competenza sugli ordini è tua». Ma il problema di Mastella non è certo il rapporto con Bersani, anzi tra i due cè un feeling da politici di razza. Alla vigilia del Consiglio dei ministri che ha varato il decreto liberalizzazioni, i due hanno avuto un colloquio a quattrocchi: «Ho già gli avvocati sul piede di guerra sullordinamento giudiziario, ora si scateneranno anche i notai...», ha sospirato il leader Udeur, «ma visto che te ne occupi tu, e che di te mi fido, andiamo avanti». E Bersani non si stanca di lodare il Guardasigilli: «Lui è uno leale, e ha molto più senso di responsabilità di altri». Ieri Mastella ha riunito lufficio politico del suo partito per esprimere il «disagio» dei centristi, che avvertono Prodi: «non possiamo essere gli unici che danno quotidianamente prova di lealtà al governo, mentre altri pensano solo al proprio orticello». Mastella è inferocito per i tagli al suo dicastero, ce lha con Di Pietro, reo di continui «sconfinamenti» sulla giustizia, e con la sinistra radical dellUnione, che detta condizioni sullAfghanistan («Noi non ci staremo», avvertono i mastelliani) e mette a rischio la maggioranza. «Troppi distinguo in libertà di alcuni alleati, in politica estera, bioetica e riforma delle professioni», protesta lUdeur.
Intanto fuori dal Palazzo montano le proteste contro il decreto Bersani, ma Prodi per il momento tiene il punto: «Sono reazioni che, se pure comprensibili, non hanno un gran senso: spero che rientrino al più presto», dice. E assicura: non cè alcun intento «punitivo», ma solo il tentativo di togliere al Paese «qualche chilo di grasso, per farlo ripartire». Il governo non ha voluto colpire nessuno, «tantomeno categorie non vicine», aggiunge il premier. E presto, annuncia Bersani, la lente si concentrerà su altri settori che «hanno sfruttato il passaggio alleuro per ricaricare i costi: immobiliare, energia, comunicazioni, banche, assicurazioni». Nessun arretramento, insomma, anche se il ministro ha chiaro che il passaggio parlamentare sarà «cruciale», visti i riflessi corporativi che covano tra le centinaia di «professionisti» deputati e senatori. «La nostra stella polare - promette - resta quella della difesa dei consumatori. E mi pare che nellopinione pubblica ci sia una larghissima condivisione» per unazione che vuole «aumentare la competitività, ridurre i costi e aprire un po di porte ai giovani».
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